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È necessaria una bad bank per ridare slancio al mercato del credito?
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La relazione annuale del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha riacceso i riflettori sull'ipotesi della creazione di una “bad bank”, destinata a raccogliere i crediti difficilmente esigibili che gravano sugli istituti di credito nazionali. Secondo le ultime stime dell'Abi, le sofferenze nette hanno infatti superato quota 150 miliardi e costituiscono uno degli ostacoli maggiori al riattivarsi di un sano mercato del credito.

Le sofferenze bancarie

Secondo quanto riferito dal numero uno di Palazzo Koch, le cifre sono allarmanti, soprattutto se paragonate ai livelli pre crisi. Nonostante qualche timido segnale di miglioramento alla fine dello scorso anno, infatti, tra il 2008 e il 2014 sono triplicati. “Le sofferenze – ha detto Visco - sono arrivate a sfiorare i 200 miliardi, il 10% del complesso dei crediti. Ai quali si aggiungono 'prestiti deteriorati' per 150 miliardi”. Vale a dire un 7,7% degli impieghi. Fanno quasi il 18% in tutto, mentre nel 2008 arrivavano, tra le une e gli altri, al 6 per cento.

Il governatore dell'Istituto centrale ha, dunque, posto l'accento sulla necessità di creare la bad bank per ridare vigore al credito. Repentina è stata la risposta del governo. Il viceministro dell'Economia Enrico Morando ha affermato che il provvedimento per la sua istituzione è già pronto, ma i tempi di realizzazione dipendono dalle trattative con Bruxelles.

Le trattative con l'Europa

“Il problema fondamentale – ha detto l'esponente dell'esecutivo - è arrivare al superamento delle osservazioni della commissione europea, orientata a considerare aiuto di Stato le garanzie pubbliche sui prodotti derivanti dalla cartolarizzazione delle sofferenze. Noi pensiamo che sia una operazione di mercato. Siamo convinti come governo dell'importanza dell'iniziativa, in linea con quanto detto dal governatore”.

Da via Nazionale trapela che le trattative con l'Europa sono in pratica appena state avviate. Visco ha fatto riferimento ad altri due nodi da sciogliere nella sua relazione: il trattamento fiscale delle rettifiche sui crediti, che in Italia è più sfavorevole rispetto agli altri Paesi dell'Unione, e i tempi molto lunghi e variabili delle procedure di insolvenza e recupero dei crediti, che sono nell'ordine dei 7 anni contro una media europea di 3.

Scogli da riuscire a superare, per il governo, per arrivare alla creazione della bad bank, ritenuta necessaria per non rischiare di perdere quel treno che le mosse della Bce hanno messo a disposizione per agganciare una ripresa che passa anche da un mercato del credito ben funzionante.

Le banche attualmente, infatti, nonostante le condizioni di mercato dettate dall'azzeramento dei tassi di riferimento, agiscono ancora col timore che allargando i cordoni della borsa possano crescere le sofferenze e, di conseguenza, finiscano per peggiorare i loro parametri patrimoniali. “Liberate di una quota delle loro sofferenze – ha detto Morando - avrebbero maggiori disponibilità per far fluire credito verso le imprese e in particolare quelle con maggiori difficoltà che operano sul mercato interno”.

Soluzione positiva per gli istituti minori

Secondo Fitch potrebbe essere una soluzione positiva soprattutto per gli istituti più piccoli. Secondo l'agenzia di rating non ne hanno bisogno, invece, i “giganti” del credito in Italia, ovvero Intesa Sanpaolo e Unicredit. Lo strumento potrebbe funzionare, però, “solo se i prestiti trasferiti saranno di entità tale da ridare ossigeno ai bilanci e dunque liberare risorse per sostenere la crescita economica”.

La bad bank spagnola

I casi di creazione di bad bank sono numerosi. Uno studio della tedesca Hertie school of governance mostra che tale strumento è stato utilizzato soprattutto in est Europa e Asia centrale. Il precedente più affine e vicino nel tempo è quello della Spagna, dove a fine 2012 è stata costituita la Sareb, con capitale al 45% pubblico e al 55% di grandi banche internazionali.

La sua creazione era stata inserita dalla Troika tra le condizioni per concedere a Madrid un prestito da 37 miliardi di euro. Finora ha raccolto dalle banche sofferenze per 51 miliardi di euro, di cui 11 in patrimonio immobiliare. L’obiettivo col quale la Sareb lavora è di rivendere, entro quindici anni, quanto accumulato nel patrimonio, alle migliori condizioni possibili. Eventuali perdite, però, dovrà accollarsele il Tesoro e questo è un grosso rischio per le finanze iberiche in via di risanamento.

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