Intervista a Cristiano Berti, fondatore e Ad di Homefidence
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Affitti brevi e tasse, quali soluzioni idealista/news

Come evitare l'evasione delle tasse sugli affitti brevi e gestirle al meglio? Secondo Cristiano Berti, Ad di Homefidence, intervistato da idealista/news, la soluzione può essere un codice identificativo effettivamente obbligatorio

Il mondo degli affitti brevi è affollato di piccoli operatori, il che complica le cose quando bisogna controllare dove si annidi l’evasione delle tasse e l’abusivismo. A idealista/news, Cristiano Berti – fondatore e Ad di Homefidence, piattaforma di The Best Rent, - ha dato il proprio punto di vista, individuando tra le soluzioni possibili un accesso regolato al mondo on line degli short rental.

L’idea di Homefidence nasce da The Best Rent, società di affitti brevi, e si basa sul principio “guadagna mentre vendi”. Il proprietario cioè può decidere di mettere in vendita il proprio appartamento, il quale nel frattempo viene gestito con locazione breve, il che non pregiudica la vendita dato che non crea problema di permanenza dell’inquilino. Oggi Homefidence attinge agli appartamenti gestiti sia da The Best Rent che da altri property manager, tramite appositi, reciproci, accordi, di cui il più recente è quello stipulato con Travel Inside. Il tutto nell’ottica di ampliare la propria base di gestione e di creare una rete tra operatori. I servizi così offerti sono quindi maggiormente integrati: i property manager sono infatti affiancati dall’agente immobiliare, qualificato, che materialmente vende la casa apportando una conoscenza approfondita delle problematiche legate alla commercializzazione degli appartamenti. Allo stesso tempo è anche presente una rete di servizi che vanno dall’assistenza legale a quella fiscale. Tali servizi ovviamente hanno un costo, che host e clienti finali si ritrovano in fattura.

Qual è allora il problema con l’evasione delle tasse sugli affitti brevi?

“Gli operatori professionali come Homefidence non hanno un problema di evasione Iva, - risponde Cristiano Berti, - in quanto noi fatturiamo all’host un importo in cui è inclusa l’Iva sia degli operatori quali Booking, sia relativa ai servizi da noi erogati direttamente. L’host, se è un imprenditore con partita Iva, a sua volta, fattura l’imposta al cliente finale. Il professionista però è penalizzato a livello di prezzi di mercato, in quanto il non professionista o l’operatore che ha partita Iva con regime agevolato che non prevede versamento di Iva (o, peggio ancora, l’operatore abusivo), ovviamente può richiedere ai clienti importi minori”.

Come possono gli operatori abusivi gestire professionalmente gli affitti brevi?

“Gestire un insieme di appartamenti è ahimè possibile anche da parte di operatori abusivi, o comunque da piccolissimi imprenditori i quali, tuttavia, non saranno in grado di fornire lo stesso livello di servizi né potranno gestire un elevato numero di alloggi, ma ne avranno in gestione magari meno di una decina. Il panorama degli affitti brevi è molto frammentato da questo punto di vista e ricco di piccole realtà, non sempre trasparenti, che però, ad esempio in una città come Milano, se messe insieme hanno in mano la gran parte dell’offerta abitativa senza che sia possibile identificarli né, eventualmente, recuperare le tasse evase”.

Quali altri problemi gravano sul mondo degli affitti brevi?

“Un altro grosso problema è quello della scarsa chiarezza delle regole presenti a cui attenersi. Esiste una legge nazionale sugli affitti, ma esistono anche una pluralità di regolamenti regionali, che recepiscono la legge in modo anche molto differente da zona a zona. E addirittura esistono delle norme comunali che applicano tutte queste norme in una ulteriore maniera, che paradossalmente potrebbe anche trovarsi in contrasto con le leggi nazionali. Questo panorama confusionario certo non aiuta a fare chiarezza”.

Quale soluzione è possibile contro l’abusivismo e l’evasione delle tasse sugli affitti brevi?

“Una regolamentazione, un accesso regolato alla professione, sarebbe fondamentale in un mondo in cui i controlli a posteriori sono assenti. Al momento infatti la platea si distingue tra pochi grandi operatori professionali che gestiscono grandi volumi di appartamenti, i quali, data la visibilità che hanno, per forza di cose fanno tutto in regola; e una moltitudine di piccoli operatori che è impossibile controllare. Il Codice Identificativo di Riferimento, così come è ora, risolve solo in parte il problema: sarebbe maggiormente risolutivo un sistema di controllo preventivo, che ad esempio rendesse obbligatorio inserire il CIR per potersi iscrivere ai portali on line e immettere sul mercato degli appartamenti in locazione. Ad oggi non è così: in teoria il CIR sarebbe obbligatorio, ma di fatto ci si può iscrivere ai portali anche senza inserirlo. Solo dopo un eventuale controllo, in assenza di codice identificativo, scatterebbe la sanzione. Però, in assenza di controlli, di fatto gli abusivi continuano indisturbati ad affittare case danneggiando il mercato professionale”.

Quale danno apporta l’abusivismo all’offerta di affitti brevi?

“Abusivismo non significa solo evasione fiscale, ma anche messa in locazione di alloggi che non hanno le carte in regola per essere affittati: perché non hanno l’abitabilità, perché sono formalmente destinati ad altro uso, e per altre mille ragioni che alla fine possono tradursi in una offerta peggiore anche per il cliente finale, oltre che in un danno per il mercato e per l’erario”.

Quali altre soluzioni sono possibili per migliorare il mondo dello short rental?

“Un altro passo da compiere per migliorare il settore della gestione immobiliare sarebbe quello di creare un ruolo formale per il property manager, esattamente come è stato fatto per gli agenti immobiliari. Questi fino a qualche decennio fa erano considerati una figura evanescente, oggi sono dei veri professionisti la cui formazione è seria e il cui accesso al mestiere è ben selezionato. Lo stesso andrebbe fatto per la professione del property manager, in modo da distinguere il professionista dal privato. Fermo restando che un privato che gestisce pochi appartamenti può fornire un servizio perfetto, ma un professionista può e deve raggiungere un livello diverso di servizi. Anche per evitare che un servizio erogato in modo scadente crei scontento nei proprietari di case, i quali potrebbero decidere di non affittare più l’appartamento, sottraendolo al mercato e andando a diminuire l’offerta abitativa”.

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