idealista/news ha visitato la Galleria Borbonica
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Una storia che risale a metà dell’Ottocento. Vite che si sono intrecciate l’una con l’altra. La Galleria Borbonica è tutto questo e molto altro ancora. La redazione di idealista/news si è recata a Napoli per scoprire questo luogo magico.

Nel 1853 re Ferdinando II di Borbone decise di far realizzare un vero e proprio tunnel che, in caso di necessità, consentisse alle truppe militari di raggiungere facilmente il Palazzo Reale. Nel tempo, la Galleria Borbonica è stata utilizzata in vari modi. Durante la Seconda guerra mondiale è stata rifugio per i cittadini. Successivamente, è stata adibita a deposito giudiziale comunale, per poi diventare una vera e propria discarica abusiva.

Nei primi Anni 2000 si sono riaccesi i riflettori su questo luogo. Riportata alla luce da un gruppo di volontari, la Galleria Borbonica è ora visitabile. In particolare, sono quattro i percorsi che è possibile fare per andare alla scoperta di questo piccolo grande gioiello del sottosuolo napoletano, riviverne la storia e le emozioni. idealista/news ha incontrato Marco Minin, responsabile della Galleria Borbonica, e con il suo racconto vi porta alla scoperta del tunnel borbonico.

Un percorso militare voluto dal re Ferdinando II di Borbone

“Ci troviamo all’interno della Galleria Borbonica – ha spiegato Minin – un percorso strategico militare voluto da re Ferdinando II di Borbone per collegare Palazzo Reale e piazza del Plebiscito alla caserma dei carabinieri dell’attuale via Morelli. C’erano stati i moti del 1848 e Ferdinando II di Borbone temeva altre insurrezioni, così chiamò l’architetto più bravo dell’epoca, Errico Alvino, che in soli tre anni scavò a mano questa galleria”.

Minin ha quindi spiegato: “Nel 2004, mio fratello, geologo, è stato incaricato dal Commissariato di governo per l’emergenza sottosuolo di andare a fare dei controlli di staticità sotto la città di Napoli, in quanto le continue piogge torrenziali avevano fatto aprire voragini un po’ ovunque causando dei crolli. Calandosi da un pozzo, ha intercettato la Galleria e ha capito di aver trovato il percorso militare voluto da re Ferdinando II di Borbone”.

L’importanza storica di questo luogo è stata immediatamente evidente. Bisognava però liberarlo dall’enorme quantità di rifiuti che lo ricopriva. “Io, mio fratello e tantissimi ragazzi volontari che hanno voluto abbracciare il progetto – ha raccontato Minin – per sette anni abbiamo svuotato a mano tutta la galleria. Scavare e ripulire i rifugi della Seconda guerra mondiale è stata un’esperienza unica. Tra l’altro, nel corso degli anni, alcuni volontari, che si sono conosciuti proprio scavando tra le macerie, si sono fidanzati e poi sposati. Si può dire che questo posto porta anche particolarmente bene”.

Parlando dell’utilizzo che è stato fatto della Galleria Borbonica durante la Seconda guerra mondiale, Minin ha spiegato che le cavità del tunnel erano state adibite a rifugio bellico, per dare la possibilità ai napoletani di ripararsi durante i bombardamenti e per dare ospitalità a tutti coloro che avevano perso la casa proprio a causa degli attacchi aerei. “Ho passato dieci anni della mia vita – ha raccontato Minin – a cercare le persone che durante la guerra hanno vissuto l’infanzia qua sotto, le ho riportate nella Galleria dopo 70 anni e mi hanno raccontato cose che vanno al di là dell'immaginazione per le condizioni in cui sono state costrette a vivere”.

Finita la guerra, nella Galleria sono state depositate le auto incidentate lasciate in mezzo alla strada dall’esercito americano e inglese, moto tedesche e successivamente numerose vespe modificate e sequestrate dalla polizia.

Minin ha definito la Galleria Borbonica un luogo magico, nel quale in passato c’è stata tanta sofferenza, ma dove poi sono accadute cose bellissime. E nel dire questo ha raccontato un episodio molto emozionante: “Quando sono andato a cercare gli anziani che durante la Seconda guerra mondiale si sono rifugiati qui sotto, sono riuscito a ritrovare moltissimi di loro, ma mi mancava la bambina nata proprio in questo luogo. Da quarant'anni non abitava più a Napoli e sapevo solo che si chiamava Ketty".

Minin ha quindi proseguito: "Di recente, durante una visita alla Galleria, si è avvicinata una signora che davanti a tutti mi ha detto: ‘Sai che io sono nata qui sotto?’. Io le ho risposto che sapevo solo di una bambina di nome Ketty nata nel rifugio, che avevo provato a rintracciarla, ma che da 40 anni non viveva più a Napoli. A quel punto, la signora ha sorriso e ha detto che quella bambina era proprio lei. Ci siamo abbracciati e ci siamo commossi. Mi ha detto che sentiva di dover tornare a Napoli perché si era sentita chiamata e io le ho risposto che ero io che la stavo chiamando da 15 anni, perché l’avevo cercata in ogni modo”.

E proprio questo luogo magico, ricco di emozioni, farà da sfondo al workshop organizzato da idealista a Napoli il 21 novembre 2019, dal titolo “#workshopidealista tradizione e 3Dzone”. Un incontro durante il quale, oltre ai consueti argomenti, si affronteranno i temi legati al virtual e al 3D. Un’occasione rivolta agli operatori del settore grazie alla quale sarà possibile ampliare le proprie conoscenze e immergersi anche in un po’ di storia.

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