Rapporto della Fondazione Di Vittorio: 2,5 mln disoccupati e in cig
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Lavoro, Cgil: oltre 5 milioni i lavoratori poveri e discontinui
Askanews
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Sono oltre 5 milioni i lavoratori poveri e discontinui. Bisogna "interrompere la pericolosa spirale della crescente precarietà e dei bassi salari" utilizzando le risorse del Pnrr "per creare occupazione stabile e di qualità". A sottolinearlo è la Cgil con la Fondazione Di Vittorio che ha diffuso il rapporto, 'La precarietà occupazionale e il disagio salariale'.

Gli occupati con un lavoro precario, involontario e con forte disagio salariale sono oltre 5 milioni, soggetti fragili che pagano i costi più alti della crisi, ai quali si aggiungono i disoccupati (2,5 milioni) e i lavoratori in cassa integrazione.

Come si evidenzia nel rapporto, tra il 2008 e il 2020, l'occupazione precaria aumenta costantemente e durante le fasi di crisi viene ulteriormente penalizzata poiché meno tutelata dalla scadenza temporale e dall'accesso agli ammortizzatori sociali. In questo periodo gli occupati dipendenti permanenti sono cresciuti solo di 15 mila unità (+0,1%), mentre quelli a termine di 413 mila (+18,1%), ma nel solo anno 2019 - 2020 questi ultimi sono calati di ben 365 mila unità.

Inoltre, viene analizzata la quantità del part-time involontario. Tra il 2008 e il 2020 gli occupati complessivi a part-time sono cresciuti del +28% e tra questi la quota nettamente prevalente è di part-time involontario, che aumenta dal 40,2% del 2008 al 64,6% del 2020. Nel 2020 l'occupazione precaria e involontaria coinvolge 4,7 milioni di occupati.

Altro tema analizzato dalla Fondazione di Vittorio è quello del disagio salariale, determinato dalla discontinuità occupazionale. Oltre 5 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato, con o senza part-time, hanno un salario medio molto basso (al di sotto dei 10 mila euro annui). Sul salario altro aspetto che influisce negativamente è rappresentato dagli addensamenti dell'occupazione dipendente nei grandi gruppi professionali. Nel 2020, i due gruppi professionali a minor qualificazione riguardano il 34% dell'occupazione dipendente italiana contro un 27,8% dell'Eurozona. Al contrario, i due gruppi maggiormente qualificati rappresentano il 15,4% in Italia rispetto al 24,7% dell'Eurozona.

 

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