Le crisi finanziarie possono infliggere duri colpi ai Paesi. Per tale motivo si presta tanta attenzione allo spread, i cui balzi in passato hanno provocato serie conseguenze. Ecco perché un aumento del differenziale tra Btp e Bund può mettere a rischio i risparmi degli italiani.
Come spiegato da un articolo del Sole 24 Ore, quando lo spread – il differenziale tra Btp (titolo a tasso fisso emesso dallo Stato italiano) e Bund (titolo di Stato a tasso fisso emesso della Germania) – sale vuol dire che, a parità di tassi ufficiali fissati dalla Bce per tutti, un Paese è costretto a pagare interessi sul debito più elevati rispetto alla Germania. Questo perché gli investitori lo considerano meno affidabile.
A soffrire in questo caso sono le imprese, dal momento che con un elevato spread sui titoli di Stato crescono anche i tassi di interesse che le banche devono pagare per reperire finanziamenti sui mercati. E se le banche devono pagare tassi più elevati, a loro volta girano questi costi sui nuovi prestiti alla clientela. In pratica, lo spread – che può sembrare un concetto astratto e lontano – va a colpire direttamente le tasche degli italiani.
Uno studio della Banca d’Italia del 2013 ha mostrato che un aumento dello spread tra Btp e Bund di 100 punti base causa un incremento del costo di finanziamento delle banche sui mercati internazionali di 70 punti base in tempi normali e di 100 in tempi di crisi. Uno studio realizzato da Crif Decision Solutions ha poi rilevato che questo aumento dei costi per gli istituti creditizi ha un impatto diretto su famiglie e imprese: perché le banche scaricano l’extra costo proprio su di loro.
Il quotidiano economico ha ricordato che nel corso del 2011, proprio a causa dello spread, le aziende italiane hanno subìto in un anno una crescita del costo del debito a breve termine di circa 80 punti base, questo vuol dire che hanno sostenuto 15 miliardi di euro di oneri finanziari aggiuntivi.
Contemporaneamente le banche hanno frenato il credito, soprattutto per le aziende più deboli, determinando una contrazione generale degli utili, della redditività e degli investimenti. Per quanto riguarda le famiglie, secondo quanto calcolato dal Crif, nel 2011 sui nuovi mutui le rate sono salite di circa il 4%. E i nuovi finanziamenti sono calati. La contrazione del mercato dei mutui allora ha avuto un forte impatto sul mercato immobiliare. Bisogna sottolineare, sul fronte mutui, che quelli esistenti oggi come allora non corrono particolari rischi.
Gli effetti sull’economia italiana si sono visti soprattutto negli anni successivi. Da fine 2011 al 2017, secondo i dati della Banca d’Italia, la quantità di credito bancario alle imprese italiane si è contratta di 181 miliardi di euro. E il costo del debito è salito, fino a quando non è intervenuta la Banza centrale europea.
Fino a qui quello che è successo nel 2011, quando non c’era la Bce a comprare titoli di Stato e la crisi greca preoccupava tutto il Sud Europa. Come sottolineato dal Sole 24 Ore, oggi la situazione è differente: i mercati hanno un tasso di serenità molto elevato e l’Italia ha comunque una crescita economica e valutazioni di mercato ancora interessanti. Quel che potrebbe destare preoccupazione e di conseguenza far impennare lo spread è la convinzione nei mercati che l’Italia possa voler uscire dall’euro. Chi ha comprato un titolo in euro, infatti, vuole vedersi restituire euro e non lire che si svalutano. Ecco perché la "questione Europa" non è poi così secondaria.
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