Il dl liquidità ha ottenuto il visto buono dell'Europa che ha detto sì ai 200 miliardi di prestiti bancari, avvallati dallo Stato, alle imprese soffocate dall'emergenza. Ma secondo un lungo articolo di Bloomerberg, tanto questi soldi (quanto i 700 miliardi promessi per mantenere a galla tutta l'economia italiana) potrebbero arrivare troppo tardi.
Sotto accusa è ancora una volta la lungaggine della burocrazia italiana - che per l'erogazione dei prestiti ha previsto quattro livelli di controllo - ma anche le procedure delle banche che ad aprile dovranno esaminare milioni di potenziali pratiche.
Le banche, che devono indirizzare la maggior parte degli aiuti ai beneficiari, "devono seguire le procedure standard perché parte del rischio di finanziamento rimane nei loro libri", ha dichiarato alla testata Carlo Alberto Carnevale Maffe, professore di strategia aziendale all'Università Bocconi di Milano. "Questo normalmente richiede settimane. Con le banche che lavorano al 30% della loro forza lavoro, potrebbero essere necessari mesi". Un periodo troppo lungo per un'economia già debole prima dello scoppio della pandemia e con un enorme debito pubblico.
Nonostante il tentativo del primo ministro Conte di "desburocratizzare" i tramiti, per ora, tuttavia, i manager e gli imprenditori hanno visto pochi risultati concreti. Questo perché in molti casi mancano ancora gli orientamenti e gli atti giuridici necessari per rendere operative le misure, in mancanza dei quali emerge tutta la cautela delle banche ad elargire il credito.
Il ministro delle finanze Roberto Gualtieri in un'intervista a Il Sole 24 Ore ha affermato che la burocrazia è stata ridotta al minimo e "SACE (l'organismo di controllo statale) e le banche stanno già lavorando alla fase operativa con connessioni IT, protocolli, moduli da compilare, tutto molto semplice, per essere pronto a breve".
Il settore finanziario italiano sta cercando di riprendersi dalla crisi globale in una struttura fortemente centralizzata. Le banche si sono impegnate ad aiutare il governo, ma hanno anche bisogno di chiarezza per assicurarsi che i nuovi prestiti non si traducano in un indebolimento dei loro bilanci.
Il governo proteggerà completamente le banche per prestiti fino a 25.000 euro. Oltre tale somma, la garanzia diminuisce progressivamente, scendendo al 70% delle possibili perdite per le aziende con oltre 5 miliardi di euro di fatturato. Anche il costo delle garanzie è variabile, con un aumento del 2% per le grandi società e vi è una vasta gamma di entità governative che sostengono legalmente il prestito.
"La legge va nella giusta direzione, ma dovrebbe semplificare la procedura per ottenere garanzie", ha affermato a Bloomberg, Corrado Passera, ex ministro dello sviluppo economico e CEO di Illimity Bank. "Dovrebbe consentire alle aziende di autocertificare i loro bisogni in modo che il finanziamento sia immediato e la garanzia dovrebbe essere estesa alle imprese in difficoltà, che sono le prime a aver bisogno di finanziamenti".
Molte aziende, soprattutto quelle più piccole, piuttosto che chiedere un nuovo finanziamento, preferiscono chiudere e chiedere il sussidio di disoccupazione.
La lentezza dell'Italia si confronta con la rapidità della Germania, dove gli aiuti alle piccole e medie imprese sono state elargiti in tempi record. Ma l'Italia non è l'unico Paese a fare i conti con le difficoltà ad incanalare gli aiuti di Stato. Basti pensare all'Inghilterra, dove solo l'1% delle aziende ha ottenuto con successo un prestito per l'emergenza, o gli Stati Uniti dove la piattaforma di elaborazione dei prestiti della Small Business Administration è stata assillata da ritardi e problemi tecnici.
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