Un’ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25790) ha fatto chiarezza in merito alle agevolazioni prima casa applicabili all’acquisto di un immobile in corso di costruzione. Nello specifico, i giudici, si sono espressi sul caso di un immobile per il quale si è verificata la mancata ultimazione dei lavori entro tre anni dalla data dell’atto. Cosa succede in queste circostanze, si perde il diritto alle agevolazioni prima casa? Scopriamolo insieme.
Il caso in esame
La pronuncia della Corte di Cassazione ha riguardato il caso di due contribuenti che avevano acquistato un immobile in costruzione, usufruendo delle agevolazioni prima casa, ovvero con aliquota Iva al 4%. L'Agenzia delle Entrate, tuttavia, ha contestato la decadenza dalle agevolazioni poiché i lavori non erano stati ultimati entro il termine previsto di tre anni dalla data dell'atto. Sono scattati, quindi, due avvisi di liquidazione con cui ha revocato l'aliquota Iva agevolata e recuperato l'imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio-lungo termine.
I contribuenti hanno però impugnato gli avvisi davanti alla Ctp di Biella, chiedendone l'annullamento con ripristino delle agevolazioni prima casa. Dopo il rigetto in primo grado, i proprietari della casa hanno visto confermare la sentenza anche in appello presso la Ctr del Piemonte. Si è così arrivati fino in Cassazione.
Secondo i contribuenti, infatti, la mancata fine dei lavori entro tre anni non sia una causa di decadenza prevista dalla legge, in quanto l'elemento determinante per mantenere le agevolazioni, in caso di immobile in corso di costruzione, sia l'effettivo utilizzo dello stesso come abitazione principale. E proprio a tal proposito hanno fornito prove documentali del trasferimento di residenza e delle utenze attive, mai contestate dall'ufficio.
La sentenza della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, ha rigettato il ricorso incidentale dei contribuenti, ritenendo conforme la decisione dei giudici piemontesi, secondo cui è legittimo l'avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ricorrendo la violazione dell'obbligo da parte del contribuente di ultimare la ristrutturazione entro i tre anni e, quindi, di richiedere l'attribuzione di una categoria e della relativa rendita, essendo l'immobile classificato come F/3, il che non può costituire motivo di aggiramento dei termini di accertamento da parte dell'ufficio.
Secondo i giudici della Suprema Corte, si tratta della persistenza della categoria catastale F, che certamente non è idonea a costituire una classificazione utile a usufruire di agevolazione “prima casa”, essendo una categoria “fittizia”, utilizzata dal Catasto italiano per identificare unità immobiliari che non hanno ancora una destinazione definitiva o non sono utilizzabili come abitazioni o locali produttivi.
Sempre secondo la sentenza della Cassazione, dalla categoria catastale F, la Ctr del Piemonte ha tratto conferma della mancata ultimazione dei lavori nel termine di legge, non ritenendo a tal fine dirimenti gli elementi dimostrativi addotti dalla parte.
In sede di sentenza, i giudici di Cassazione hanno affermato che l'azione amministrativa rientra nei principi di correttezza, legalità e buona amministrazione, che fungono da parametro di controllo idoneo a evitare, anche in astratto, la possibilità di una distorsione dell'esercizio del potere in favore di un interesse privato, arbitrario e non verificabile.
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