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Cassetti rovistati fino al più remoto angolino, tasche di vecchie giacche rovesciate, scrigni dei ricordi ormai sepolti ritirati fuori e svuotati. Tutto per recuperare fino all'ultima lira. E peccato per chi, nel frattempo, dovesse essersene disfatto. La Corte Costituzionale ha, infatti, dichiarato illegittimo il blitz con il quale il governo Monti anticipò al 6 dicembre del 2011, dall'originario 29 febbraio 2012, il termine ultimo per la conversione del vecchio conio in euro. Effetto logico, anche se non statuito in sentenza, è che, come ha affermato il presidente dell'Adusbef Elio Lannutti, da oggi stesso e per poco meno di tre mesi, sia ancora possibile cambiare la vecchia moneta.

La decisione della Consulta ha origine in un giudizio ordinario promosso, lo scorso aprile, da alcuni risparmiatori presso il Tribunale di Milano. Avevano chiesto la condanna della Banca d’Italia al pagamento del controvalore delle banconote in lire in loro possesso, pari alla somma complessiva di 27.543,67 euro, oltre al risarcimento dei danni, dopo che il cambio era stato loro rifiutato in seguito alla pubblicazione del decreto Monti in Gazzetta Ufficiale, quasi quattro anni fa.

Il foro meneghino aveva, dunque, investito della questione la Corte Costituzionale, che attraverso la relatrice Daria De Pretis così si è pronunciata: “non è dubitabile che il quadro normativo preesistente alla disposizione denunciata di incostituzionalità fosse tale da far sorgere nei possessori di banconote in lire la ragionevole fiducia nel mantenimento del termine fino alla sua prevista scadenza decennale. Il fatto che, al momento dell’entrata in vigore della disposizione censurata, fossero già trascorsi nove anni e nove mesi circa dalla cessazione del corso legale della lira non è idoneo a giustificare il sacrificio della posizione di coloro che, confidando nella perdurante pendenza del termine originariamente fissato dalla legge, non avevano ancora esercitato il diritto di conversione in euro delle banconote in lire possedute”.

Cambio lira euro Scadenza Monti

Quella del governo tecnico fu una trovata per ridurre con un colpo di spugna immediato, e in maniera consistente, il debito pubblico. Ma, si legge nel dispositivo nemmeno tale sopravvenuta necessità “può costituire adeguata giustificazione di un intervento così radicale, che estingue un diritto, senza operare un bilanciamento fra l’interesse pubblico perseguito dal legislatore e il grave sacrificio imposto ai possessori di banconote in lire”.

Certamente questa, in piena sessione di bilancio, è una tegola non da poco per il governo. Nel 2011 il valore della misura fu calcolato in 605 milioni di euro, che la Banca d'Italia versò nelle casse del Tesoro. Ma, in realtà, il costo della decisione della Consulta potrebbe rivelarsi ben superiore. Le stime sulle lire ancora in circolazione spaziano in un range che va da 1,3 a 2 miliardi di euro di controvalore. Si tratterà di vedere in quanti le hanno buttate via, ritenendole oramai del tutto prive di utilità e quanti, invece, le conservavano comunque coltivando una speranza, oppure per semplice affetto.

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