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Il decreto attuativo del Jobs act relativo al riordino dei contratti ha sancito la fine dei co.co.pro. Per i datori di lavoro non sarà più possibile attivare nuove collaborazioni a progetto e i contratti in essere continueranno ad esistere fino alla loro naturale scadenza. Ma con l’addio al lavoro a progetto, cosa accade ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa?

Come ricordato dal Sole 24 Ore, scomparso il lavoro a progetto, è tornato ad avere generale applicazione il vecchio contratto di collaborazione coordinata e continuativa, che con la legge Biagi era finito per essere utilizzato in situazione e casi eccezionali. Bisogna, tuttavia, ricordare che il lavoro a progetto e le collaborazioni coordinate e continuative sono differenti. E' necessario, dunque, fare attenzione ad alcuni aspetti.

Innanzitutto, nei contratti di collaborazione non è necessario individuare una data di scadenza del rapporto e uno specifico progetto da collegare alla prestazione del collaboratore. E’ opportuno tenere ben presente che un corretto rapporto di collaborazione presuppone l’autonomia del collaboratore. Ciò vuol dire che il collaboratore non può e non deve essere soggetto al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del committente. In caso contrario, il rapporto diventa a tempo indeterminato.

Ma, come si sa, lo spettro dei possibili abusi è dietro l’angolo. Così, dal 1° gennaio 2016 tutti i contratti di collaborazione saranno considerati automaticamente come contratti di lavoro subordinato, qualora il committente si occupi di organizzare la prestazione del collaboratore. La presunzione di subordinazione non si applicherà per alcuni settori speciali, come quelli nei quali esiste un accordo collettivo che regola l’attività dei collaboratori, i professionisti iscritti agli albi, i membri di consigli di amministrazione e collegi sindacali, i collaboratori di società sportive dilettantistiche.

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