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Che cos’è il capitale umano e quanto vale? Lo scorso anno l’Istat ha cercato di quantificare quello di ciascun italiano e si è parlato di circa 342mila euro. Ma su cosa è basato? Su valori di mercato, come la tipologia di lavoro, le prospettive di carriera e le aspettative di vita. Ma non solo. Anche su dati più difficili da calcolare, come la produzione familiare e l’utilizzo del tempo libero.

Una definizione di capitale umano

Secondo l’Ocse il capitale umano è costituito dalle “conoscenze, le abilità, le competenze e gli altri attributi degli individui che facilitano la creazione di benessere personale, sociale ed economico”.

Il capitale umano può essere prodotto e accumulato. Ad esempio, il capitale sociale può essere incrementato attraverso l’istruzione e la formazione professionale formale, ma anche con altre forme di apprendimento nella vita quotidiana o nei luoghi di lavoro e tramite contatti con la famiglia, i colleghi, le reti sociali e civili.

L’accumulazione di capitale umano ha dei costi (monetari e non monetari) che vengono sostenuti a livello individuale o sociale e che costituiscono investimenti realizzati da una comunità per il proprio futuro, per il miglioramento delle condizioni di vita.

Le variabili in gioco nel calcolo del capitale umano

Nel calcolo del capitale umano bisogna tenere conto delle differenze di genere. Se, infatti, il valore pro-capite maschile è pari a 453mila euro, quello femminile è di circa 231mila euro. A pesare nel divario fra uomini e donne ci sono le differenze di remunerazione, ma anche il fatto che le donne lavoratrici sono meno degli uomini e conservano un impiego per un numero minore di anni. Se si prendessero in esame anche le attività fuori mercato, le donne si aggiudicherebbero un valore di 431mila euro.

Molto importante è poi il livello di istruzione. Più alto è il livello d’istruzione di un individuo, tanto migliori sono le probabilità di avere un’occupazione e un reddito maggiore, di conseguenza il capitale umano risulta più elevato. I lavoratori con i più alti titoli di studio hanno un capitale umano pro capite di oltre 636mila euro. Ma in Italia la quota della popolazione con i più alti livelli d’istruzione sullo stock totale di capitale umano non supera il 22%. La maggior quota di capitale umano (47%) corrisponde al gruppo con titoli di studio di livello medio, ossia i diplomati, che presentano un capitale umano pro capite pari a 409mila euro. Alle persone con titolo basso (licenza elementare o media) corrisponde una quota del 31% del capitale umano con circa 216mila euro pro capite.

In merito alla distribuzione per età, il 58% dello stock di capitale umano è attribuito alla componente più giovane della popolazione (15-34enni), quasi il 40% alla classe di età 35-54 anni e solo il 3% alla componente più anziana. I giovani, anche se in generale hanno un reddito più basso di quello dei lavoratori più anziani, hanno davanti a sé un periodo più lungo per lavorare e guadagnare rispetto ai lavoratori meno giovani.

Si dà poi per scontato che con il progredire dell’età essi abbiano le stesse probabilità di essere occupati e gli stessi guadagni osservati per i lavoratori contemporanei più anziani. Per questi motivi il capitale umano pro capite di un giovane è pari a oltre 556mila euro, contro i 293mila euro dei lavoratori nella classe centrale e ai soli 46mila euro dei lavoratori tra 55 e 64 anni.

Oggi, però, l’alto livello della disoccupazione giovanile nel nostro Paese non dà certezze sulle possibilità per i giovani di inserirsi nei processi produttivi. Potrebbe quindi essere rivista al ribasso la stima dei redditi da lavoro attesi e di conseguenza quella del valore del capitale umano complessivo del Paese.

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