Contestare una cartella esattoriale non è semplice. Chi vuole avviare una contestazione deve farlo quando riceve l’accertamento fiscale. Scaduti i termini, è possibile procedere qualora emerga un vizio di forma, come un difetto di motivazione. La cartella esattoriale incompleta, infatti, è nulla. E questo accade anche quando manca il criterio di calcolo degli interessi.
Di recente l’attenzione si è spostata proprio sull’omessa indicazione del criterio di calcolo degli interessi. La giurisprudenza ha annullato più volte le cartelle esattoriali perché prive degli elementi essenziali per consentire al contribuente una difesa completa, il contribuente infatti deve poter verificare l’attendibilità dei conteggi fatti dall’Agente della Riscossione senza affidarsi a calcoli fatti da altri. Con la sentenza n. 10481/2018 del 3 maggio 2018, la Cassazione ha ribadito proprio questo concetto.
Secondo la Cassazione è necessaria l’esplicitazione dei criteri di calcolo degli interessi, non conta siano rigidamente predeterminati per legge e quindi ricavabili tramite un semplice calcolo.
Già in passato, con le sentenze n. 15554/2017 e n. 8651/2009, la Cassazione ha sottolineato che, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento relativa a un debito tributario deve essere motivata e quindi completa di ogni elemento. In particolare, il contribuente deve essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi. Deve quindi essere esplicitato il criterio di calcolo applicato dall’Esattore.
Se la cartella esattoriale è incompleta, bisogna proporre ricorso entro 60 giorni. Nel ricorso è necessario evidenziare che, nel calcolo degli interessi, l’Esattore non ha precisato in base a quali aliquote è arrivato, anno dopo anno, all’importo totale.
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