Cosa dice la Cassazione
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Le regole dell'accesso domiciliare ai fini fiscali
Come è regolato l'accesso domiciliare ai fini fiscali GTRES

Con la sentenza n. 28563, la Cassazione è intervenuta in tema di accesso domiciliare ai fini fiscali. Vediamo quanto specificato.

Il caso ha riguardato una società di capitali che ha fatto ricorso avverso gli avvisi di accertamento emessi in seguito a una verifica fiscale della Guardia di finanza. Quest’ultima “ha contestato, per le annualità dal 2004 al 2007, ricavi non dichiarati, conseguenti alla sottofatturazione di ingenti forniture di merci a diversi clienti e all’omessa autofatturazione da parte del cessionario che aveva ricevuto beni senza fattura”.

I giudici di primo grado hanno respinto il ricorso del contribuente, il quale si è quindi rivolto alla Commissione tributaria regionale competente, lamentando tra le altre cose l’illegittimo accesso della Guardia di finanza “presso l’abitazione del legale rappresentante e del coniuge (socio della verificata) in base all’articolo 52, secondo comma, del Dpr n. 633/1972”. Ma anche i giudici di secondo grado hanno rigettato il ricorso. In particolare, l’accesso domiciliare è stato ritenuto legittimo, come spiegato da Fisco Oggi che ha esaminato la questione, “ancorché effettuato ‘in presenza di numerosi indizi di violazioni tributarie, acquisiti grazie ad un’approfondita attività investigativa avviata dalla GdF già nel 2008’”. I giudici hanno deciso considerando anche che “per la giurisprudenza di legittimità, in materia tributaria non osterebbe all’utilizzabilità della documentazione neppure l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento”.

Il contribuente ha così presentato ricorso in Cassazione, sottolineando tra le altre cose che l’autorizzazione all’accesso domiciliare non presentava la motivazione relativa alla presenza di gravi indizi di violazione delle norme tributarie, richiesta per l’accesso “in locali che non siano destinati contemporaneamente all’esercizio dell’impresa e ad abitazione”. Ma il giudice di legittimità “ha ritenuto legittimo l’accesso domiciliare presso l’abitazione della legale rappresentante della società verificata, sulla scorta della preventiva autorizzazione del pubblico ministero, che non era priva di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di violazione delle norme tributarie”.

Il ricorso è stato così respinto ed è stato precisato che “l’obbligo motivazionale deve ritenersi assolto nel caso in cui risultino indicate la nota e l’autorità richiedente, con la specificazione che il provvedimento trova causa e giustificazione nell’esistenza di gravi indizi di violazione della legge fiscale, la cui valutazione dev’essere effettuata ex ante con prudente apprezzamento”.

L’accesso domiciliare ai fini fiscali è disciplinato dall’articolo 52 del Dpr n. 633/1972. Per quanto riguarda l’accesso ai locali adibiti “esclusivamente” ad abitazione, è richiesta sempre l’autorizzazione del procuratore della Repubblica. Quest’ultima però può essere rilasciata “soltanto in caso di gravi indizi di violazioni” delle norme fiscali, “allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni medesime”.

Come sottolineato da Fisco Oggi, “la giurisprudenza di legittimità ha più volte espresso la necessità che l’autorizzazione all’ispezione di locali adibiti ad abitazione sia correttamente motivata”, ma ha comunque riconosciuto “che la stessa possa esaurirsi anche in espressioni sintetiche di significato implicito, ovvero risolversi nel semplice richiamo alla nota dell’Organo di controllo che faccia riferimento ai gravi indizi di violazioni”.

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