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La sentenza 9889 del Tribunale di Roma
Cosa dice la sentenza 9889 del Tribunale di Roma GTRES

La delega all’amministratore di condominio che è condomino dello stabile che amministra configura un conflitto di interessi. E’ dunque vietata.

Nello specifico, il divieto di conferire delega all’amministratore per partecipare all’assemblea vale anche se questi è condomino dello stabile che amministra, in quanto proprietario di una unità immobiliare. Si trova infatti in una potenziale situazione di conflitto di interessi: da un lato è mandatario della collettività ed è chiamato a rendere annualmente conto della sua gestione, a eseguire le decisioni deliberate dall’assemblea e a svolgere tutte le attribuzioni previste dalla legge; dall’altro vota nelle assemblee chiamate a deliberare sul suo operato, a confermarlo nell’incarico o a revocarlo.

A stabilirlo il Tribunale di Roma con la sentenza 9889. Il Tribunale di Roma ha dichiarato l’annullabilità della delibera di scissione dell’unico condominio in due autonomi condomini assunta dall’assemblea anche con il voto determinante espresso dall’amministratore, quale portatore di delega conferita da un condomino assente.

La delibera era stata impugnata censurando, tra l’altro, il difetto di quorum con cui si era deciso di sciogliere l’unico condominio e di costituire un supercondominio per la gestione dei beni rimasti in comune, considerato che, nonostante la presenza in assemblea, di persona o per delega, di tutti i partecipanti al condominio, la delibera aveva ottenuto il favore di poco più della metà del valore millesimale dell’edificio. Da qui la constatazione della validità della delega conferita all’amministratore, in base alla quale aveva espresso il voto a favore dello scioglimento.

L’articolo 67 delle disposizioni attuative del Codice civile, modificato dalla riforma del condominio (legge 220/2012), vieta ai condomini di conferire delega all’amministratore per la partecipazione a qualunque assemblea.

Ma la difesa del condominio, rappresentato peraltro dallo stesso amministratore portatore della delega contestata, ha sostenuto che il divieto dell’articolo 67 delle disposizioni attuative del Codice civile non era stato violato in quanto l’amministratore rivestiva anche la qualità di condomino. Di conseguenza, in questa sua veste e in base al diritto di ogni condomino di intervenire in assemblea anche a mezzo di un proprio rappresentante, questi aveva manifestato il voto in vece del suo delegante.

Il Tribunale di Roma, però, non ha accolto tale argomentazione. Secondo il giudice, infatti, il divieto di delega all’amministratore, che in passato era applicabile solo nei casi di reale conflitto di interessi e di sicura divergenza tra ragioni personali del votante e contrari interessi del condominio, dopo la riforma del 2012 vale sempre, anche quando l’amministratore è condomino dell’edificio da lui stesso amministrato.

Nella sentenza è stato specificato che le ragioni di incompatibilità e di prevenzione che giustificano l’astratta imposizione ex lege non vengono meno per il solo fatto che l’amministratore rivesta la qualità di condomino.

La sentenza ha poi evidenziato la natura di contratto di mandato della delega, la non rilevabilità d’ufficio di eventuali conflitti tra delegante e delegato, i loro obblighi inerenti l’incarico e le conseguenze della delega al fine sia della valida costituzione dell’assemblea, sia dell’impugnativa prevista dall’articolo 1137 del Codice civile. Soffermandosi infine sul concetto di “prova di resistenza” della votazione, intesa come verifica del raggiungimento o meno del quorum dopo avere escluso dal computo il voto espresso dal condomino falsamente rappresentato.

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