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Mario Draghi
Mario Draghi dice no ai Minibot GTRES

Ultimamente il dibattito politico economico ha portato alla ribalta lo strumento dei Minibot. Ma cosa sono, come funzionano e come mai dividono le opinioni?

Cosa sono i Minibot

Il tema del debito pubblico italiano e di come gestirlo (se non ripagarlo) torna in modo ricorrente ogni volta che vengono pubblicati i dati sullo stato delle finanze pubbliche. Alla fine di maggio, una mozione alla Camera del Deputati, che ha ottenuto il favore bipartisan dell’aula, ha introdotto la possibilità per il Governo di risolvere il problema del pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione attraverso l’emissione di titoli di Stato di piccolo taglio. I Minibot, appunto.

Minibot, moneta parallela all'euro

Sostanzialmente si tratterebbe di emettere un tipo particolare di Buoni Ordinari del Tesoro (Bot, appunto), privi di scadenza o tasso d’interesse e con tagli piccoli, da 5 a 100 euro al massimo. Tali titoli sarebbero in sostanza obbligazioni (pezzi di carta garantiti dal valore del debito stesso e dalla solvibilità dello Stato) vendibili e acquistabili: moneta di secondo grado, per così dire, come lo sono tutti i titoli di Stato commerciati anche a livello internazionale. Ma di un tipo particolare, utilizzato solo per gestire il debito dello Stato verso i privati (che siano i creditori o i cittadini che aspettano rimborsi fiscali o interessi vari). In pratica questi titoli verrebbero stampati su carta, come vere e proprie banconote, e rappresenterebbero di fatto una moneta parallela all’euro.

Questo implicherebbe il loro poter essere utilizzati al posto della nostra valuta: ragion per cui al presidente Bce  Mario Draghi, ovviamente schierato ben a favore dell’euro, l’idea non va. Altra ragione che fa storcere il naso al mondo finanziario, e bancario in particolare, quella che lo scambio “al portatore” di queste nuove banconote potrebbe avvenire in assenza di intermediazione finanziaria (come invece avviene per la compravendita di obbligazioni “ordinarie”), nonostante i Minibot, benché “mini”, siano titoli finanziari a tutti gli effetti. Il che potrebbe creare problemi di gestione e trasparenza.

Debito pubblico e privato in Italia

Un ulteriore dubbio sui Minibot, quello se possibile più grave, riguarda il fatto che il loro uso potrebbe di fatto alimentare il debito, invece che farlo decrescere come sarebbe auspicabile. Partiamo dal presupposto che il debito pubblico italiano ammonta ad oltre il 130% del Pil, ma quello privato - solitamente considerato più sostenibile e quindi poco sottolineato quando si parla dei rapporti Bankitalia - è molto più consistente, collocandosi ben oltre il 170% del Pil. Se volessimo quindi sommare tutto il debito italiano, come sarebbe corretto fare, parleremmo di un “buco” che vale ben 300 volte quello che viene prodotto entro i confini nazionali.

I Minibot possono far aumentare il debito?

Ora, tralasciando il fatto che nonostante i numeri mostruosi, il nostro Paese sotto il profilo debitorio sta già meglio di altre economie (una su tutte quella francese), che però hanno il pregio di investire maggiormente in crescita e di avere, quindi, Pil più consistenti, se l’Italia utilizzasse i Minibot per liquidare i debiti a cui lo Stato non riesce a tener dietro, di fatto, non risolverebbe (nè aggraverebbe) il problema ma lo differirebbe soltanto. Quindi non è corretto dire che i Minibot aumentano il debito: in realtà non fanno che rimettere in circolazione quello che già esiste.

Ora, lo scenario più favorevole sarebbe quello in cui la circolazione di questo debito, e la conseguente produzione di liquidità, possa alimentare gli investimenti, e quindi il Pil, contribuendo a ridurre il rapporto debito/Pil. Ma il rovescio della medaglia consiste nel rischio che i Minibot, legittimamente, non vengano accettati come moneta di scambio nei pagamenti tra privati (che potrebbero preferire gli euro, invece), e che in ultima istanza debbano ritornare allo Stato, come un boomerang, ad esempio in pagamento delle tasse.

Così lo Stato si ritroverebbe un gettito fiscale composto non da moneta sonante, ma da debito. Cosa che, benché non produca tecnicamente ulteriore debito, provoca però una mancata entrata, andando comunque a pesare negativamente sulle casse statali. Ed ecco che tale buco andrebbe gestito, magari proprio emettendo nuovi titoli di debito. Non una idea così brillante, quindi.

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