
Altro che rendite facili: dietro l'apparente boom dell'affitto breve si nasconde una realtà molto più complessa. Secondo un'analisi dell'Ufficio Studi SoloAffitti, realizzata su un campione di quattro grandi città italiane (Milano, Roma, Napoli, Firenze), la redditività netta di un affitto breve è spesso inferiore a quella garantita da un classico contratto di medio-lungo periodo, soprattutto nella formula 3+2 a canone concordato.
A Milano, ad esempio, nonostante l'incasso lordo dell'affitto breve superi i 32.000 euro annui, la redditività netta si ferma al 2,7%, contro il 3,5% di un contratto 3+2. A Roma il trend è simile: 3,3% contro 3,8%. Solo a Firenze e Napoli la forbice si assottiglia, ma la gestione dell'affitto breve si conferma comunque più onerosa e meno prevedibile. I conti sono presto fatti: a Milano, tenendo conto di una tariffa media di 130 euro a notte e un tasso di riempimento del 70%, la rendita netta è 8.683 euro. Una casa affittata a 4+4, con un canone mensile di 1.250, la rendita netta è di 15mila euro.
I numeri parlano chiaro: incassi più alti, ma meno soldi in tasca. Se da un lato gli affitti brevi sembrano offrire incassi maggiori (grazie a tariffe medie giornaliere tra i 100 e i 140 euro), i costi di gestione, la fiscalità meno favorevole e le nuove normative (come il Cin o il divieto di check-in da remoto) incidono pesantemente sulla rendita effettiva. Secondo il sondaggio condotto da SoloAffitti su quasi 1.000 proprietari, il 38,5% di chi ha abbandonato l'affitto breve lo ha fatto proprio per guadagni inferiori alle aspettative.
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