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real estate britannico dopo le dimissioni di Teresa May GTRES

Cosa cambierà con le dimissioni di Theresa May? Per alcuni ciò potrebbe favorire i proprietari di casa britannici. I commenti degli esperti.

Negli ultimi anni in Gran Bretagna si è visto un enorme aumento dei costi legati alle transazioni immobiliari private, sotto forma di maggiori spese e di aumento di richieste di garanzie per i mutui. Di conseguenza, il mercato immobiliare UK privato si è ridotto lasciando più spazio al real estate corporate.

Tuttavia, secondo alcuni, le dimissioni di Theresa May potrebero riportare le transazioni immobiliari private in auge. Il maggior peso gettato sulle transazioni private, infatti, è stato frutto di scelte governative sbilanciate verso gli inquilini, più che verso i proprietari di casa. Ma ora un cambiamento nello scenario politico potrebbe ribaltare la bilancia a favore di chi desidera possedere un immobile residenziale. Potrebbe quindi profilarsi un alleggerimento fiscale nei riguardi di questi ultimi. Il che aumenterebbe la domanda per le case, sia da abitare che da concedere in affitto.

Non solo. Secondo Mark Haefele, Global Chief Investment Officer di GWM (UBS), le dimissioni di Theresa May farebbero aumentare l’incertezza sulla Brexit, per la quale probabilmente si profila un no deal in caso salga in carica l’ex ministro degli esteri Boris Johnson, indebolendo la sterlina. Il che potrebbe in definitiva agevolare anche gli investimenti in real estate dall’estero.

“Secondo le nostre stime, - calcola Haefele, - una Brexit senza accordo potrebbe far crollare la sterlina fino a 1.15 dollari e a quota 0.97 contro l’euro, livelli che a nostro avviso rispecchierebbero correttamente l’impatto negativo di una Brexit senza accordo sull’economia britannica”. Un ulteriore rinvio della Brexit, invece, “indurrebbe probabilmente le aziende a rimandare i piani d’investimento e farebbe aumentare la volatilità della sterlina, con recuperi occasionali legati alla speranza degli investitori che venga raggiunta una soluzione negoziata. In questo scenario, il cambio sterlina/dollato potrebbe attestarsi tra 1.28 e 1.34 dollari”. Un rafforzamento della sterlina si avrebbe invece nel caso si optasse, infine, per un nuovo referendum che decidesse la rinnovata permanenza della Gran Bretagna nell’Ue.

In questo clima di incertezza, secondo Antoine Lesné, responsabile Strategia e Ricerca EMEA di SPDR ETFs, la notizia positiva è che “la disoccupazione rimane storicamente bassa, la crescita salariale è ancora positiva e l'inflazione è vicina al target della Bank of England. In mancanza di un catalizzatore migliore, gli investitori potrebbero anche indirizzarsi in maniera prudente verso le azioni del Regno Unito. Gli investitori nazionali possono beneficiare delle esposizioni internazionali e di una sterlina più debole”.

Ciononostante, secondo l’agenzia di rating S&P, “il Pil reale rallenterà ulteriormente all’1,1% nel 2019 (dall’1,4% del 2018) dal momento che l’incertezza si riflette sugli investimenti e renderà più difficile per il governo realizzare le promesse di aumentare la spesa e terminare l’austerity. L’outlook negativo sul giudizio AA/A-1+ - aggiunge la nota di S&P, - include il rischio di una uscita dall’Ue disordinata, che limiterebbe l’accesso dell’UK ai mercato europei o li graverebbe di tariffe che influenzerebbero la competitività”.

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