Con l'ordinanza n. 22849, la Cassazione si è espressa in merito alla plusvalenza da cessione di un immobile. Vediamo quanto chiarito.
Secondo quanto stabilito dalla Cassazione, per determinare la plusvalenza da cessione di un immobile non basta all'amministrazione finanziaria il valore determinato ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria o catastale. Sono necessari "ulteriori elementi gravi, precisi e concordanti". E spetta al contribuente fornire la prova contraria.
Come indicato da Informazione Fiscale, che ha esaminato l'ordinanza, una società ha ricevuto da parte dell'Agenzia delle Entrate degli avvisi di accertamento. L'Agenzia delle Entrate aveva accertato in via induttiva, per il 2003, un maggior reddito imponibile, "per effetto della rilevata plusvalenza non dichiarata a seguito di una cessione di un ramo d'azienda solo sulla base dello scostamento dal valore determinato ai fini dell'imposta di registro".
La società ha così presentato ricorso, che è stato accolto sia dalla Ctp che dalla Ctr. L'Agenzia delle Entrate è allora ricorsa in Cassazione, ma tale ricorso è stato rigettato. Per quanto riguarda le plusvalenze immobiliari, l'art. 68 Tuir prevede che "le plusvalenze realizzate mediante cessione di terreni sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo".
Secondo quanto precisato dal legislatore, "per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347". Con tale norma è stato superato l'orientamento precedente, in base al quale l'amministrazione finanziaria poteva "procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale, sulla base del solo rilevamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro".
La Cassazione ha dunque confermato l'orientamento prevalente, secondo il quale "a norma di interpretazione autentica di cui all'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015, avente efficacia retroattiva, esclude che l'Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l'Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l'accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria".
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