L’Enea ha pubblicato su Energy and Buildings uno studio nel quale evidenzia i benefici del cappotto verde sulla casa, rilevando in particolare che l’impiego diffuso di tetti e muri esterni ricoperti di vegetazione riduce di oltre 1°C la temperatura dell’aria in città. La ricercatrice Enea Tiziana Susca, che ha lavorato allo studio insieme ai colleghi Fabio Zanghirella e Vincenzo Del Fatto, ha spiegato: “Il merito di questo abbattimento della temperatura deve essere attribuito soprattutto alle pareti verdi, che aumentano la loro efficacia in modo proporzionale all’altezza dell’edificio; i tetti verdi estensivi, invece, risultano inefficaci nel mitigare direttamente il riscaldamento urbano quando sono installati su edifici alti dai 20 metri in poi, ma sono molto utili per ridurre la temperatura interna dell’abitazione e, di conseguenza, l’uso della climatizzazione”.
Lo studio, in particolare, ha valutato l’efficacia di un impiego diffuso di tetti e muri esterni ricoperti di vegetazione contro le isole di calore in zone urbane densamente abitate a Roma e Torino, prendendo in considerazione principalmente una tipica giornata estiva. Ma che tipo di vegetazione è stata considerata per questo studio? Come spiegato dai ricercatori, sono stati considerati il sedum, l’edera per le facciate e la felce comune per i living wall. Come spiegato da una nota, i ricercatori Enea del Dipartimento di Efficienza energetica hanno simulato tre scenari di mitigazione caratterizzati da varie combinazioni di soluzioni green.
Cappotto green, i dati relativi a Roma e Torino
A Roma, lo scenario più favorevole all’abbattimento delle temperature prevede 12mila m2 di tetti verdi in combinazione con 60mila m2 di facciate verdi, con cui è stata calcolata una riduzione media della temperatura di 0,33 °C, con punte fino a 1,17 °C alle ore 15.
A Torino è stata registrata una riduzione della temperatura esterna dell’aria di circa 0,5 °C in due scenari che prevedevano rispettivamente 6mila m2 di living wall e altrettanti di facciate verdi sugli edifici. In entrambi i casi le abitazioni si trovavano lungo un canyon urbano, parallelo alla direzione principale del vento, condizione in grado di dissipare il calore accumulato.
Secondo quanto evidenziato dalla ricerca condotta dall’Enea, durante le ondate di calore, le diverse forme di cappotto green hanno “un’efficacia leggermente inferiore a quella registrata durante una tipica giornata estiva”, questo perché l’ondata di calore, trattandosi di un fenomeno climatico estremo, “riduce il potenziale di raffrescamento delle piante a causa della chiusura degli stomi, le piccole ‘bocche’ presenti sulle foglie che consentono lo scambio gassoso fra interno ed esterno del vegetale, favorendo in particolare l’entrata di anidride carbonica utilizzata per la fotosintesi e la fuoriuscita di ossigeno e vapore acqueo”.
Lo studio assume particolare importanza considerando, come precisato dalla nota, che se nel 2016 le aree urbane coprivano quasi 60 milioni di ettari (l’1,29% della superficie terrestre occupata per aree edificate, pascoli e terreni coltivati) e la popolazione urbana era il 54,4% rispetto a quella globale, entro il 2050 - secondo le stime Onu - questa percentuale raggiungerà il 68,36%, “comportando ulteriore urbanizzazione che modificherà l’equilibrio termico naturale dando luogo a un ulteriore aumento delle temperature urbane superficiali”.
In questo quadro, le previsioni relative agli scenari di espansione urbana “rivelano che, nell’ambito dell’attuale percorso di sviluppo basato sull’utilizzo di combustibili fossili, l’Europa sarà interessata da un ulteriore riscaldamento superficiale medio pari a 0,12 °C in estate entro il 2100”.
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