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Affitto in nero, cosa serve al Fisco per dimostrarlo
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Il Fisco può dimostrare un affitto in nero? E, in tal caso, in che modo? La sentenza n. 7750/18 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha stabilito le regole per scovare l’evasione dell’imposta di registro.

Davanti alle Commissioni Tributarie, i tribunali che decidono sulle imposte o sulle cartelle di pagamento, è necessario presentare delle prove scritte. Se l’inquilino attesta di aver firmato un contratto di affitto in nero, ma non presenta altri elementi certi, l’evasione non può essere provata. Servono prove documentali di sostegno, come ad esempio copie di assegni o altri mezzi di pagamento dei vari canoni mensili, oppure lo stesso contratto di locazione che non è stato mai registrato.

La denuncia dell’inquilino dunque non basta. Le prove dell’omessa registrazione devono fondarsi su accertamenti di tipo documentale, non potendo trovare valore probatorio le semplici dichiarazioni rese da terzi nell’ambito della verifica.

La Cassazione ha ritenuto legittimi gli accertamenti basati sulle utenze dell’energia elettrica o del gas, se quindi l’Agenzia delle Entrate dovesse rilevare che un contribuente è titolare di un immobile sul quale risultano attive delle utenze a nome di un altro soggetto ci si trova in presenza di una locazione non dichiarata.

Tutto ciò significa che le dichiarazioni di terzi, come nel caso dell’inquilino che attesti di aver abitato un appartamento con un contratto irregolare, se non suffragate da altri elementi, costituiscono meri indizi da approfondire a cura dell’ufficio delle imposte che non consentono di provare l’evasione. In conclusione, per dimostrare l’affitto in nero il Fisco deve avere in mano uno o più documenti.

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