Potrebbe arrivare al tavolo del 21 settembre l'accordo definitivo tra governo e sindacati sugli interventi in ambito pensionistico nella legge di Bilancio. I rappresentanti dei lavoratori sono usciti dall'incontro di ieri a Palazzo Chigi con moderata soddisfazione e qualche perplessità.
Interpellato da idealista news, il segretario generale della Spi-Cgil, Ivan Pedretti, ha affermato che “siamo arrivati a delle ipotesi condivise su una serie di questioni, come la definizione della no tax area, l'allargamento della quattordicesima a pensionati fino ai mille euro, l'intervento sulle ricongiunzioni onerose e sui lavori usuranti”. Aggiunge, però, che “non c'è ancora una posizione condivisa sui precoci”, vale a dire coloro che hanno cominciato a lavorare a 14-15 anni e che “spesso fanno lavori manuali”.
Pedretti chiarisce, inoltre, che “finora è stato affrontato il merito delle questioni, ma il governo non ci ha ancora detto quali sono le risorse a disposizione”. I sindacati chiedono che sul piatto vengano messi almeno 2,5 miliardi. Una cifra che comprende anche l'intervento che più è stato oggetto di discussione anche durante l'estate: l'anticipo pensionistico, abbreviato con l'acronimo “Ape”.
“Non l'abbiamo mai amato – dice Pedretti – ma abbiamo compreso lo sforzo per dare una risposta, attraverso questo sistema, a quelle persone che si trovano in situazioni di emergenza, come disoccupati, licenziati che non hanno la possibilità di rientrare nel mondo del lavoro attraverso percorsi formativi. O per quei lavoratori con familiari disabili a carico”.
Categorie per le quali l’anticipo non avrà oneri: se ne farà carico lo Stato. Soltanto, però, se a richiederlo sono lavoratori che hanno diritto a un assegno sotto i 1.500 euro lordi mensili (1.200
netti). Chi supera l’importo dovrebbe essere chiamato a restituire solo quanto ottenuto in anticipo, senza pagare interessi o premi assicurativi.
Costo zero per il lavoratore anche se a chiedere l'anticipo dovessero essere le imprese che decidessero di riorganizzarsi, offrendo uno “scivolo” a chi ancora non ha raggiunto i requisiti per la pensione. L'esborso sarà a carico dell’azienda. Criteri d’accesso e costi sono ancora da chiarire.
Di sicuro dovrà, invece, pagare il lavoratore che vorrà accedere all’Ape e non avrà i requisiti per rientrare in una delle categorie di cui sopra. Chi vorrà solo andare in pensione il prima possibile, si vedrà decurtare l’assegno del 5 o 6 per cento per ogni anno di anticipo. Considerato che si potrà accedere allo strumento una volta compiuti i 63 anni, vale a dire 3 anni e 7 mesi prima di quanto originariamente previsto (contro i 3 anni massimi previsti inizialmente). Vuol dire che la pensione verrà tagliata di un 18-20% per un pieno utilizzo dell’anticipo.
Senza contare che si tratta di un prestito oneroso, da restituire in 20 anni. Per cui, con gli interessi, si potrebbe arrivare fino a un quarto di assegno in meno ogni mese. Il sistema verrà sperimentato per due anni, poi potranno essere apportati correttivi. Difficile che rappresenti un grande incentivo all’esodo per chi ha un lavoro e, proseguendolo per qualche altro anno, non dovrà indebitarsi per andare in pensione.
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