Secondo The Guardian, la grande crescita di Milano ricade negativamente sull'hinterland
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Come le grandi città rubano ricchezza al resto del Paese GTRES

L’enorme crescita di città come Milano può non essere un bene per il resto del Paese. Secondo il quotidiano britannico The Guardian la metropoli fa anzi la parte del cannibale.

La tesi del giornale del Regno Unito a proposito di Milano è che il capoluogo lombardo negli ultimi anni è cambiato talmente tanto e si è talmente internazionalizzato da far estinguere al proprio interno il vero e proprio “milanese DOC”. Professionisti di tutta Italia, e anche dall’estero, si concentrano nella città lombarda perché altrove non hanno opportunità. E il risultato è che si crea una città che non assomiglia al resto d’Italia, dove si concentra una sorta di selezione di cittadini che non si trova da nessun’altra parte. E con questo si depaupera la ricchezza anche umana dei paesi di provenienza, che mai potranno sognare di inserirsi in un’ottica europea come invece Milano già sta iniziando a fare.

Pochi eventi su tutti: il World Cities Culture Summit del 2020 o le Olimpiadi invernali del 2026, che incredibilmente avranno il cuore in una città non montana ma adatta meglio di altre ad ospitarle; investimenti da oltre 21 miliardi di dollari nei prossimi 15 anni in oltre 40 cantieri; la previsione di un aumento del 50% del turismo.

Ma la sorte della città meneghina sembra già scritta in un paper dal titolo The Big European Sort? The diverging fortunes of Europe’s regions , che evidenzia come le città post industriali, avviate a spron battuto nello sviluppo smisurato di servizi di valore che hanno preso il posto della produzione industriale propriamente detta, si sono andate popolando nel tempo degli abitanti più giovani, più colti e più validi professionalmente, depauperando il resto delle città della propria più preziosa ricchezza, quella sociale, oltre che poi, di riflesso, economica. In un processo di polarizzazione che crea una distanza siderale tra le metropoli e le altre città, in particolare quelle più antiche o situate in zone rurali.

Secondo il prof Roberto Camagni, docente di economia urbana al Politecnico di Milano, tra il 2000 e il 2016 Milano è arrivata a produrre il 17,7% del prodotto interno lordo nazionale, a distanza siderale dalla seconda maggiore città, Roma, che si è fermata al 4,4%. “Il problema però è che il miracolo milanese coinvolge solo il suo milione di abitanti”, nota il professore.

Le città dell’hinterland, invece, sono lasciate indietro: viene fatto l’esempio di Melzo, un tempo centro caseario di primaria importanza e ora abbandonato come lo stabilimento Galbani, in disuso dalla fine degli anni 80, e come le speranze professionali di migliaia di operai metalmeccanici. Non solo: con l’allontanamento delle maestranze, il paese diventa solo un dormitorio, perdendo molto del tessuto sociale che lo teneva in vita. Un processo che vale per Melzo, ma anche per altre città della provincia, più vecchie e meno attraenti del capoluogo.

Un clima, questo, che crea terreno fertile per i populismi di vario genere: questo il parere del The Guardian.

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