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Negli Stati Uniti il problema dell’accessibilità alla casa è diventato uno dei temi economici e sociali centrali del dopo-pandemia. Secondo un'analisi di David Lyle, Co-Head of Structured Investments di Invesco, il mercato immobiliare continua a vivere effetti prolungati che hanno colpito tanto le famiglie quanto chi governa. È in questo contesto che il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha fatto sapere che l’amministrazione sta valutando la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza nazionale per l’edilizia abitativa

L’obiettivo sarebbe quello di mobilitare misure straordinarie, sfruttando ogni opzione disponibile per alleviare una crisi che, oltre alle evidenti ripercussioni microeconomiche, sta assumendo dimensioni politiche e macroeconomiche rilevanti. La decisione non è ancora definitiva, ma i segnali vanno tutti nella stessa direzione: il Paese si trova davanti a un problema strutturale che non può essere affrontato con gli strumenti ordinari.

Perché la casa negli Usa è diventata quasi inaccessibile

Per comprendere l’urgenza dell’intervento è necessario osservare cosa è accaduto negli ultimi cinque anni. Dopo la pandemia, i prezzi delle abitazioni negli Usa hanno continuato a crescere alimentati da tassi ipotecari inizialmente molto bassi e da una domanda più alta, spinta dal lavoro da remoto e dal desiderio di spazi più ampi. Quando però i tassi sono risaliti ai livelli più alti dagli anni Ottanta, nel 2022, le rate dei mutui hanno iniziato a pesare in modo insostenibile sui bilanci familiari.

Il risultato è stato un crollo dell’accessibilità. Sempre più americani, soprattutto giovani, si sono trovati esclusi dal mercato. La National Association of Realtors mostra un dato significativo: l’età media al primo acquisto è passata da 30 anni nel 2010 a 38 anni nel 2024, segno di un ritardo crescente nell’ingresso nel mondo della proprietà immobiliare.

Sebbene la Federal Reserve stia valutando tagli dei tassi, gli economisti – tra cui David Lyle di Invesco – sottolineano che la sola politica monetaria non sarà sufficiente. Servono interventi diretti sui costi di finanziamento e sulle dinamiche dell’offerta.

La presunta carenza di case: una realtà più complessa

Si parla da tempo di una grave carenza di alloggi, ma la realtà americana è più articolata. A livello nazionale, l’inventario di case in vendita resta basso secondo i dati di Zillow, che a fine agosto contava 1,4 milioni di immobili sul mercato, un numero ridotto rispetto alla media storica. Tuttavia, non tutte le aree del Paese vivono la stessa situazione. Diverse grandi città hanno ormai un livello di offerta superiore rispetto al periodo pre-pandemia, mentre altre zone restano in forte tensione.

Anche il dato dei “mesi di offerta”, un indicatore che misura l’equilibrio tra domanda e disponibilità, racconta una storia sfumata. Il mercato delle case esistenti è tornato a un livello vicino all’equilibrio, con circa 4,6 mesi di offerta. Al contrario, il comparto delle nuove costruzioni presenta un abbondante 9,2 mesi di offerta: un dato che favorisce gli acquirenti e costringe i costruttori a offrire incentivi pur di non vedere calare le vendite. In questo scenario eterogeneo, l’amministrazione sembra orientata a facilitare la costruzione di abitazioni più economiche, un settore in cui le barriere normative e burocratiche sono particolarmente pesanti.

L’equilibrio difficile tra domanda, offerta e prezzi

Uno dei nodi centrali della crisi è rappresentato dalla necessità di bilanciare gli interventi su domanda e offerta. Agire sulla prima attraverso sconti, agevolazioni o riduzioni dei costi di finanziamento sarebbe più rapido ed efficace nel breve periodo, ma comporta un rischio evidente. Se la domanda dovesse ripartire velocemente mentre l’offerta rimane limitata, i prezzi riprenderebbero a crescere, rendendo nuovamente irraggiungibile l’acquisto per molte famiglie.

Intervenire sulla sola offerta, invece, aumentando il numero di nuove costruzioni, potrebbe avere un altro effetto collaterale: un eccesso di disponibilità potrebbe far scendere i prezzi, cosa che politicamente risulterebbe scomoda per i proprietari di immobili già sul mercato.

L’auspicio degli analisti è quello di una strategia a doppio binario: un allentamento dei tassi ipotecari che possa dare sollievo immediato e, parallelamente, un’espansione più graduale e sostenuta dell’offerta, in modo da evitare oscillazioni violente dei prezzi e favorire una crescita degli immobili che non superi quella dei salari.

Come potrebbero intervenire la Fed e le agenzie governative

L’aspetto con maggiori implicazioni finanziarie riguarda la riduzione dei tassi sui mutui. Anche se un taglio dei tassi da parte della Fed potrebbe contribuire, il suo impatto si concentrerebbe soprattutto sulle scadenze brevi, che non incidono direttamente sui mutui a 30 anni, legati invece ai rendimenti dei titoli del Tesoro a lunga durata.

Per questo motivo l’amministrazione potrebbe valutare altre strade, tra cui una riduzione delle emissioni di titoli del Tesoro a lungo termine o un intervento diretto della Fed attraverso acquisti mirati, così da spingere verso il basso i rendimenti. Potrebbe inoltre aumentare la domanda di titoli ipotecari emessi da Ginnie Mae, Fannie Mae e Freddie Mac, che svolgono un ruolo essenziale nel sistema finanziario americano.

Le banche potrebbero essere incentivate agli investimenti nel settore attraverso requisiti patrimoniali meno rigidi, mentre Fannie Mae e Freddie Mac, secondo gli accordi con il Tesoro, avrebbero la capacità di acquistare oltre 200 miliardi di dollari di titoli ipotecari. Anche la Fed conserva ancora più di 2.000 miliardi di dollari di questi strumenti, che potrebbero essere reinvestiti o ampliati se si optasse per un nuovo ciclo di allentamento quantitativo.

Resta però da capire quanto di questo possibile intervento sia già stato anticipato dai mercati, che negli ultimi mesi hanno registrato un restringimento degli spread sui mutui.

Uno scenario in rapido avvicinamento

Secondo l’analisi di Invesco, appare sempre più probabile che il presidente Donald Trump possa firmare un ordine esecutivo che dichiari ufficialmente l’emergenza abitativa. Il provvedimento dovrebbe combinare nuove regole, incentivi e misure finanziarie pensate per ridurre i costi e aumentare la disponibilità di case, inaugurando un coordinamento più stretto tra agenzie governative e Federal Reserve.

Se confermato, l’intervento segnerebbe una svolta significativa nelle politiche abitative degli Stati Uniti e potrebbe influenzare il mercato immobiliare e finanziario per molti anni, ridefinendo priorità, strumenti e strategie a livello nazionale.

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