Un edificio terra-cielo nel cuore di uno dei ritagli più eleganti di Milano è lo scrigno che ospita i segreti progettuali di Setsu e Shinobu Ito, architetti e designer giapponesi da molti anni in Italia. La loro abitazione è un manifesto dove si rincorrono tracce di un'idea progettuale che è anche un modello di vita in cui sono mescolano natura, cultura, interazioni ed anche un interessante punto di equilibrio tra Oriente ed Occidente.
Da quanto tempo è in Italia e perché ha scelto questo Paese per il suo lavoro?
Setsu Ito. Sono arrivato in Italia 35 anni fa, influenzato da mio padre, scultore, che aveva vissuto qui per un po'. In Giappone, all'università, avevo studiato architettura e design: due materie che ieri come oggi da noi sono separate di netto. Invece in Italia già allora gli architetti si occupavano, per esempio, anche di design industriale: questa ampiezza mi ha affascinato e mi ha spinto a restare. In Italia ho avuto due maestri molto importanti e poco dopo ho aperto il mio studio.
Parliamo della vostra casa. In quali dettagli è possibile rintracciare la vostra firma?
Setsu Ito. La maggior parte delle cose che vede qui le abbiamo disegnate noi. Dall’interno ai mobili, fino agli oggetti. E di quello che non è stato disegnato da noi abbiamo curato la scelta dei materiali ed il design. Ad esempio, questo divano su cui sono seduto in questo momento è stato disegnato dal nostro amico Rodolfo Dordoni, purtroppo scomparso l'anno scorso. Al piano superiore, al secondo piano, si trova invece la seconda cucina, anch'essa opera del nostro amico Piero Lissoni. Le scultura dei pesci sono opera di mio padre. Sono presenti anche alcuni oggetti dei nostri amici e maestri Alessandro Mendini ed Ettore Sottsass.
C’è un angolo che considera come suo preferito in casa?
Setsu Ito. Sì. Ed è quello occupato dalla grande lampada di vetro creata dal mio maestro, Angelo Mangiarotti, e che si chiama Ganci. Si tratta di elementi di vetro che danno vita ad una forma molto flessibile. Volevamo che fosse nel posto più importante della casa.
Qual è il linguaggio comune tra Italia e Giappone sul terreno dell’architettura e dell’interior design?
Shinobu Ito. Ci sono dei terreni comuni tra Italia e Giappone per quanto riguarda architettura e design: il più evidente è forse quello dell’artigianalità, il senso della manualità che si vede nelle opere, che è molto forte.
Mi racconta la sua casa?
Shinobu Ito. La casa è un fattore importante per noi. Oltretutto adesso, dopo l’esperienza del Covid, abbiamo anche l’occasione di lavorare a casa. Quindi dormire, riposare, cucinare, mangiare, chiacchierare, coltivare i propri affetti. Tutti pensano più profondamente di prima al valore della propria casa.
Un posto che preferisce?
Shinobu Ito. Dato che ho progettato casa, sono tanti gli angoli che mi piacciono. Abbiamo ristrutturato questa abitazione creando un terrazzo attrezzato con cucina, che quindi l’estate è molto godibile con gli amici. Ma amo molto anche il lucernario che illumina la sala (dove si svolge l’intervista, ndr). Nell'edificio originale, prima della ristrutturazione, lo spazio in cui ci troviamo adesso aveva una terrazza ed un lucernario sul pavimento di questo piano, dove noi abbiamo creato un nuovo soggiorno ed aggiunto l'elemento lucernario per renderlo più luminoso.
Relativamente all’architettura, quale è la differenza di approccio tra l’Italia ed il Giappone? Mi riferisco, per esempio, al naturalismo.
Setsu Ito. Il naturalismo è un aspetto che riguarda molto sia il Giappone che l’Italia. In questa casa, per esempio, abbiamo usato molta pietra ed è presente molto materiale italiano permanente. Invece in Giappone tradizionalmente le case si costruiscono con il legno ed anche con la carta, materiali leggeri, fragili e temporanei. Anche la struttura muraria è solitamente pensata in maniera differente rispetto all’Europa: vale a dire con pilastri e travi di legno, in modo che i muri divisori possano essere rimossi. In questo modo si creano degli spazi molto flessibili, che possono essere cambiati. E questa è una differenza molto importante.
Sbaglio se dico che il vostro approccio alla progettazione è naturalistico?
Setsu Ito. Noi promuoviamo il nostro lavoro come Nature Center Design, vale a dire disegno incentrato sulla natura: non solo per quanto riguarda la scelta dei materiali ma come idea stessa di uomo pensato in un contesto che abbia come riferimento la natura. Del resto noi siamo una parte di essa.
Quali sono le chiavi di lettura del vostro percorso progettuale?
Shinobu Ito. Sicuramente il rapporto con la natura. Ma spesso ci rifacciamo anche alla nostra cultura di provenienza, quella giapponese
Un progetto che ricorda più volentieri
Setsu Ito. Abbiamo fatto moltissimi progetti in tanti campi differenti ed abbiamo sempre amato il nostro lavoro, quindi è difficile dire quale sia il progetto a cui sono più affezionato. Cosa posso dirle? Forse il primo divano, che abbiamo realizzato da Edra nel 2003, quindi ben venti anni fa: un pezzo fuori dai soliti canoni di un divano e che, oltre alla forma del progetto ed al pensiero che sta dietro di essa, mostra il rapporto che può esistere tra le persone ed un mobile. E tutto questo è interessante.
Come riuscite a combinare un approccio naturalistico con la tecnologia, sempre più presente in questo lavoro ed anche nel product design?
Shinobu Ito. Natura e tecnologia sembrano non poter essere sullo stesso piano: invece a mio giudizio convivono bene proprio perché hanno caratteristiche diverse. Noi abbiamo provato a combinarli insieme per la casa in oggetti che sono ancora da sviluppare: una sfida molto interessante.
Cosa la affascina del suo mestiere?
Shinobu Ito. Il fatto di pensare che un'idea progettuale che è nella testa diventi poi realtà, dandoci l’opportunità di esprimere noi stessi.
Come influisce la formazione di un architetto nel lavoro di designer?
Setsu Ito. C’è un filo comune tra questi due aspetti, oltre ai problemi di scala nel passare dall’edificio agli accessori più piccoli. Intendo dire che disegnare le cose che fanno parte della nostra esistenza - sia grandi che piccole - è la vita stessa di questa professione e, malgrado le problematiche diverse, questa resta una cosa affascinante.
Ha sempre pensato di fare l’architetto?
Shinobu Ito. Il mio sogno era quello di fare l’artista. L’arte mi affascinava: suonavo il pianoforte ed il violino. Ma alla fine, come vede, ho scelto la strada della creatività, dell’architettura e del design.
Lavorando in coppia esiste una divisione netta dei compiti nello studio?
Setsu Ito. Non abbiamo delle divisioni nette nel lavoro. Anzi: credo che lavorare insieme dia risultati sempre importanti poiché abbiamo sensibilità diverse e questo ci porta a risultati apprezzabili. Lavorare insieme è importante: poi chiaramente che tanto discutiamo (ride, ndr), ma questo fa parte del processo.
State lavorando ad un progetto particolare in questo periodo?
Setsu Ito. Attualmente, parallelamente alle attività progettuali, entrambi abbiamo cattedre presso la Scuola di Design del Politecnico di Milano, il Research Center for Advanced Science & Technology dell'Università di Tokyo, la Scuola d'Arte e Design dell'Università di Tsukuba e la Tama Art University. Stiamo anche implementando in Giappone l’educazione al Design integrato che abbiamo imparato in Italia.
Shinobu Ito. E stiamo lavorando a molti progetti di sustainable ed inclusive design. In particolare ce n'è uno che mi interessa molto alle Maldive, in cui trasformiamo il materiale usato che esce dalle pattumiere in arte. Abbiamo creato pezzi abbastanza interessanti e già fatto anche una mostra. Ed abbiamo intenzione di continuare su questa strada.
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