Progressi sul fronte della sicurezza, qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita ma situazione in peggioramento per Istruzione e formazione e Benessere economico. I dati più recenti che consentono di effettuare confronti con il 2019 (109 indicatori sul totale di 152) mostrano che per 58 indicatori di benessere, oltre la metà, si registra un miglioramento nell'ultimo anno disponibile rispetto al livello del 2019, un terzo si trova su un livello peggiore rispetto al 2019, mentre il restante 13,8% degli indicatori si mantiene stabile sui livelli pre-pandemici. E' la fotografia scattata dall'Istat nel Rapporto BES 2022 sul benessere equo e sostenibile in Italia.
I progressi sono più diffusi nei domini Sicurezza, Qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (oltre il 72% degli indicatori migliora rispetto al 2019). Seguono i domini Politica e istituzioni e Innovazione, ricerca e creatività con due terzi degli indicatori in miglioramento. Tra i domini che presentano un andamento complessivamente più critico negli ultimi tre anni, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento, si trovano Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico.
In una situazione intermedia si trovano i domini Salute e Ambiente: nel primo il 36% circa degli indicatori è rimasto stabile, una quota analoga di indicatori è migliorata, ma oltre un quarto si trova su livelli peggiori rispetto al 2019; nel secondo la percentuale di indicatori rimasti stabili resta consistente (circa il 31%), ma oltre la metà è in miglioramento rispetto al periodo pre-pandemico. Anche il dominio Paesaggio e patrimonio culturale presenta un mix di andamenti, con quote equivalenti di indicatori che migliorano e che peggiorano (circa il 43%).
Gap Nord e Sud resta alto
Da una classificazione regionale degli indicatori in cinque livelli di benessere, emerge un evidente gradiente Nord-Sud. Per il Nord-est il 60,5% degli indicatori ricade nei livelli di benessere medio-alto e alto e soltanto il 10,1% nei livelli di benessere basso e medio-basso; per il Sud e le Isole, invece, la maggior parte degli indicatori si trova nei livelli basso o medio-basso (62,0% per il Sud e 58,1% per le Isole) e solo una minoranza (19,4% per entrambe le ripartizioni) nei due livelli più virtuosi.
Sui 131 indicatori Bes analizzabili a livello regionale, 27 presentano, nell'ultimo anno disponibile, una diseguaglianza relativa regionale piuttosto elevata, a indicare una maggiore distanza tra le regioni, in particolare nei domini Ambiente, Paesaggio e patrimonio culturale, Benessere economico e Sicurezza. I domini che invece contano più della metà degli indicatori con diseguaglianza relativa più contenuta sono Salute, Istruzione e formazione, Relazioni sociali, Politica e istituzioni e Benessere soggettivo.
L'analisi dell'evoluzione delle differenze regionali mostra come, nel lungo periodo, 51 indicatori migliorano a livello nazionale e contemporaneamente le diseguaglianze regionali si riducono, mentre 32 migliorano ma le disparità regionali aumentano. Dei 42 indicatori che peggiorano a livello nazionale, la metà converge (dunque le regioni si avvicinano) l'altra metà diverge. Nei domini Benessere soggettivo, Innovazione, ricerca e creatività, Sicurezza, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, più della metà degli indicatori ricade nella condizione preferibile in cui il miglioramento a livello nazionale si accompagna ad una riduzione delle disparità territoriali. Al contrario, un terzo degli indicatori di Relazioni sociali ricade nella situazione più severa di un contemporaneo peggioramento dei valori e delle distanze territoriali.
Il confronto tra il periodo pre-Covid (fino al 2019) e il periodo dal 2019 in poi (possibile per 119 indicatori) mostra come per 43 indicatori la tendenza alla convergenza territoriale caratterizzi entrambi i periodi; ciò accade in particolare per tutti gli indicatori (tranne uno) dei domini Benessere soggettivo e Innovazione, ricerca e creatività, con conseguente diminuzione delle disparità. Per 24 indicatori, invece, vi è una continua tendenza all'aumento delle diseguaglianze. La situazione più frequente, però, è quella in cui la dinamica delle distanze regionali varia di segno tra i due periodi (51 indicatori), con 23 indicatori che convergono nel periodo più recente e 28 che invece convergono nel periodo pre-Covid.
Peggioramento della situazione economica per il 35,1% delle famiglie
La pandemia modifica in misura significativa il modo in cui le famiglie percepiscono la propria condizione economica, tanto da invertire il trend positivo che si era registrato negli anni precedenti per alcuni indicatori: la quota di coloro che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all'anno precedente, pari al 25,8% nel 2019, cresce nei due anni di pandemia e continua ad aumentare nel 2022, fino ad arrivare al 35,1%, livello mai raggiunto in precedenza. Andamento analogo si osserva per la quota di persone che dichiarano di arrivare a fine mese con grande difficoltà, in aumento dall'8,2% nel 2019 al 9,1% nel 2021. E' quanto emerge dal rapporto Bes 2022 dell'Istat sul Benessere equo e disponibile
Nel 2022, il reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato rispetto all'anno precedente. Il forte aumento della spesa per consumi finali ha rafforzato il trend di discesa della propensione al risparmio, che è scesa a livelli inferiori rispetto al periodo pre-pandemico.
L'indice di disuguaglianza del reddito netto aumenta lievemente nel 2020 rispetto all'anno precedente (5,8 contro 5,7 del 2019). Il valore registrato è stato l'effetto delle misure di sostegno introdotte con l'avviarsi della pandemia (trasferimenti emergenziali e reddito di cittadinanza); senza il sostegno introdotto la stima dell'indice di disuguaglianza sarebbe stata pari a 6,9.
Nonostante nel primo anno della pandemia il reddito delle famiglie sia tornato a ridursi rispetto all'anno precedente sia in termini nominali (-0,9%) sia in termini reali (-0,8%), il rischio di povertà, pari al 20,1%, rimane sostanzialmente stabile rispetto al 2019. Nel 2020, resta stabile anche l'indicatore di sovraccarico del costo dell'abitazione che rappresenta un peso difficilmente sostenibile per il 7,2% della popolazione.
Negli anni precedenti la crisi pandemica, risultava in diminuzione la quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (ovvero con componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo), che ha portato l'indicatore a contrarsi fino al 10,0% nel 2019. Nel 2020 l'andamento positivo si arresta e la percentuale di individui che vivono in tale condizione sale all'11,0% e continua a salire nel 2021 (11,7%).
Alta percentuale di Neet e forte rischio povertà
Alta percentuale di Neet, basso tasso di occupazione e forte rischio povertà collocano l'Italia al di sotto della media europea. La maggior parte degli indicatori del Bes disponibili per il confronto con la media dei paesi europei (Ue27) mostra una situazione peggiore per l'Italia. Si tratta in particolare di alcuni indicatori dei domini Istruzione e formazione e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Tra questi la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati (Neet), che in Italia raggiunge il 19% rispetto all'11,7% della media Ue27, e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un'istruzione terziaria, il 27,4% in Italia e il 42,8% in media Ue27. Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55% in Italia rispetto a 69,4% per la media Ue27).
Lo svantaggio dell'Italia nel contesto dell'Ue27 si rileva, inoltre, in alcuni indicatori di Benessere economico aggiornati al 2021, tra cui il rischio di povertà e la grande difficoltà ad arrivare a fine mese, o al 2020, come la disuguaglianza del reddito netto.
Uno degli indicatori per cui l'Italia, invece, si colloca su livelli migliori in termini di benessere, rispetto alla media dei paesi dell'Ue27, è il tasso di omicidi, pari a 0,5 per 100mila abitanti nel 2020, ben al di sotto della media dei paesi Ue27 (0,9). Inoltre, l'Italia si conferma ai vertici della graduatoria dei paesi per quanto riguarda la sopravvivenza, con valori della speranza di vita alla nascita pari a 82,5 anni (80,1 la media Ue27 nel 2021).
L'analisi dell'evoluzione delle differenze regionali mostra come, nel lungo periodo, 51 indicatori migliorano a livello nazionale e contemporaneamente le diseguaglianze regionali si riducono, mentre 32 migliorano ma le disparità regionali aumentano. Dei 42 indicatori che peggiorano a livello nazionale, la metà converge (dunque le regioni si avvicinano) l'altra metà diverge. Nei domini Benessere soggettivo, Innovazione, ricerca e creatività, Sicurezza, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, più della metà degli indicatori ricade nella condizione preferibile in cui il miglioramento a livello nazionale si accompagna ad una riduzione delle disparità territoriali. Al contrario, un terzo degli indicatori di Relazioni sociali ricade nella situazione più severa di un contemporaneo peggioramento dei valori e delle distanze territoriali.
Il confronto tra il periodo pre-Covid (fino al 2019) e il periodo dal 2019 in poi (possibile per 119 indicatori) mostra come per 43 indicatori la tendenza alla convergenza territoriale caratterizzi entrambi i periodi; ciò accade in particolare per tutti gli indicatori (tranne uno) dei domini Benessere soggettivo e Innovazione, ricerca e creatività, con conseguente diminuzione delle disparità. Per 24 indicatori, invece, vi è una continua tendenza all'aumento delle diseguaglianze. La situazione più frequente, però, è quella in cui la dinamica delle distanze regionali varia di segno tra i due periodi (51 indicatori), con 23 indicatori che convergono nel periodo più recente e 28 che invece convergono nel periodo pre-Covid.
Miglioramento del mercato del lavoro
Nel 2022, il mercato del lavoro mostra un generale miglioramento rispetto all'anno precedente: gli occupati di 20-64 anni aumentano di 538mila unit? (+2,5% rispetto al 2021), il tasso di occupazione aumenta e supera i livelli del 2019 recuperando pienamente il crollo registrato nel 2020 (tra le persone di 20-64 anni è il 64,8%; +2,1 punti percentuali rispetto al 2021). Tra i giovani (20-34 anni), il tasso di occupazione è pari al 56,2% e registra la crescita più intensa (+3,5 punti sul 2021), superando i livelli pre-pandemia (era 53,3% nel 2019).
Diminuisce il numero di persone in cerca di occupazione (-339mila; -14,3%) e quello di coloro che sono disponibili a lavorare ma non hanno cercato lavoro (-623mila; -20,5%). Il tasso di mancata partecipazione registra una forte riduzione con il valore più basso nel quinquennio 2018-2022 (16,2%; -3,2 punti percentuali rispetto al 2021).
Nel 2022, i lavoratori a termine (dipendenti a tempo determinato e collaboratori) aumentano del 4,6% (3,3 milioni; +146mila). L'aumento riguarda quasi esclusivamente gli occupati con lavoro a termine da meno di cinque anni (+5,3%) e solo marginalmente quanti lo svolgono da cinque anni e più (+1,3%). Il rapporto tra gli occupati con lavoro a termine da almeno cinque anni nell'attuale lavoro e il totale dei lavoratori a termine è pari al 17%, in flessione di mezzo punto rispetto al 2021.
Circa un occupato su quattro possiede un titolo di studio superiore a quello più frequente per svolgere la propria professione. Il fenomeno della sovraistruzione è più diffuso tra le donne (28,1%), e soprattutto tra gli occupati nelle professioni del commercio e servizi (43,7%) e nel settore dei Servizi alle famiglie (42,4%).
Diminuisce la quota di quanti lavorano part time perché non sono riusciti a trovare un lavoro a tempo pieno (10,2% del totale degli occupati; -1,1 punti rispetto al 2021). Sebbene la riduzione sia più marcata tra le donne (-1,4 punti rispetto al 2021), permane la netta caratterizzazione femminile del fenomeno (16,5% rispetto al 5,6% degli uomini).
Tra le donne di 25-49 anni è in aumento sia il tasso di occupazione delle donne con figli tra 0 e cinque anni, sia il tasso di occupazione delle donne senza figli; il rapporto tra questi due tassi è pressoché stabile rispetto all'anno precedente e a livello nazionale è pari a 72,4 (un valore dell'indicatore pari a 100 indicherebbe l'uguaglianza tra i due tassi).
Nel 2022, il 12,2% degli occupati ha svolto lavoro da casa nelle quattro settimane precedenti l'intervista; tale valore, pur essendo in diminuzione rispetto agli anni della pandemia, rimane oltre due volte e mezzo i livelli del 2019.
Tra le persone che hanno svolto lavoro da casa nei tre mesi precedenti l'intervista, il 34,6% si ritiene molto soddisfatto di questa modalità lavorativa, il 45,0% abbastanza soddisfatto e solo il 4,3% per niente soddisfatto. Per chi continua a lavorare da casa, il vantaggio maggiormente dichiarato consiste nella possibilità di conciliare lavoro/casa/famiglia (42,9%). Tra i principali vantaggi vengono anche menzionati il risparmio economico (35,9%) e la maggiore autonomia (35,2%).
Nel 2022, rimane stabile e pari a circa il 50% la quota di occupati che si dichiarano molto soddisfatti per alcuni aspetti del proprio lavoro, mentre diminuisce quella di coloro che ritengono probabile perdere il lavoro entro sei mesi e al contempo improbabile trovarne un altro simile (4,9%).
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