La caldaia condominiale è soggetta a precisi obblighi di sostituzione se non raggiunge la minima efficienza di legge: i costi.
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Caldaia condominiale
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L’obiettivo di raggiungere una miglior efficienza energetica, contemporaneamente riducendo i consumi, impone ai condomini di valutare diverse opzioni per il riscaldamento. A partire dalla possibilità di sostituire la caldaia condominiale, per ottimizzare le richieste energetiche dello stabile e, al contempo, rispettare le normative vigenti in materia di emissioni. Sul mercato esistono diverse tipologie di caldaie, a seconda delle esigenze del condominio, e in alcuni casi si può approfittare anche di precise agevolazioni fiscali. Ma su chi ricadono i costi di adeguamento dell’impianto?

Come funziona una caldaia condominiale

In linea generale, la caldaia condominiale rappresenta un impianto termico centralizzato, pensato per garantire le necessità di riscaldamento e acqua calda sanitaria a tutti gli appartamenti che compongono lo stabile. Normalmente situata in un locale apposito dello stabile, come ad esempio la centrale termica, la caldaia funziona riscaldando un liquido vettore - l’acqua - tramite combustibile, gas naturale o fonti energetiche alternative.

L’acqua così riscaldata viene fatta circolare in una complessa rete di tubature, fino a raggiungere radiatori, termosifoni o altri sistemi analoghi all’interno degli appartamenti, anche con l’ausilio di apposite pompe. Negli impianti moderni, il ricorso a valvole termostatiche e contabilizzatori di calore individuale permette di regolare autonomamente la temperatura di ogni appartamento. Così facendo:

  • si riducono gli sprechi, evitando di riscaldare più del dovuto gli ambienti;
  • si possono misurare i consumi effettivi, per una divisione dei costi di riscaldamento più equa. 

Di solito, la ripartizione dei costi di riscaldamento dovuti a una caldaia comune sono divisi in:

  • una quota fissa, che comprende le spese di manutenzione o le dispersioni termiche, che viene ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà;
  • una quota variabile, calcolata invece in base ai consumi individuali. 

Ma quando si accende la caldaia condominiale? Le date dipendono dalla fascia climatica della zona in cui sorge l’edificio, così come definito dal D.P.R. 74/2013: ad esempio per la zona D, come a Roma, l’accensione avviene dal primo novembre al 15 aprile, per un massimo di 12 ore giornaliere, con deroghe in caso di maltempo.

Le tipologie di caldaia condominiale

Non tutti gli impianti centralizzati in condominio sono uguali, anche perché sul mercato sono disponibili diverse opzioni per le caldaie, che si differenziano sia per modalità di funzionamento che per efficienza energetica. Ma quali sono le tipologie più comuni?

Pompe di calore in condominio
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All’interno di uno stabile residenziale, è in genere possibile installare:

  • una caldaia condominiale a condensazione, ovvero una delle soluzioni più comuni, che prevede un combustibile per scaldare l’acqua e un sistema che recupera il calore dai fumi di scarico, garantendo una maggiore efficienza energetica e consumi inferiori rispetto alle caldaie tradizionali;
  • una caldaia condominiale a pompa di calore, un impianto che permette di estrarre calore dall’aria esterna o dal suolo, per trasferirlo all’impianto interno. Si tratta di una delle opzioni più sostenibili, poiché non comporta l’emissione di gas di scarico, tuttavia è spesso da abbinare a soluzioni come il fotovoltaico per abbatterne i consumi elettrici;
  • una caldaia condominiale ibrida, che combina un sistema a condensazione con una pompa di calore, passando automaticamente da una modalità all’altra in base alle condizioni esterne, ottimizzando così l’efficienza e riducendo le emissioni totali;
  • una caldaia condominiale a pellet, opzione non particolarmente diffusa in centri urbani, che sfrutta biomassa ricavata dal legno per produrre energia termica.

Sebbene queste rappresentino le tipologie più frequenti, sul mercato esistono molte altre alternative per il riscaldamento condominiale. Ad esempio, i sistemi basati sulla geotermia che, sfruttando il calore naturalmente prodotto dal suolo o da altri elementi naturali.

Quando è obbligatoria la sostituzione della caldaia condominiale

Comprese le principali tipologie di caldaie disponibili sul mercato, è utile anche chiedersi quando il condominio debba procedere ad aggiornare l’impianto esistente. Ma quando scatta l’obbligo di sostituzione della caldaia condominiale?

Sebbene non esista un obbligo generale che imponga di sostituire vecchie caldaie, si deve procedere in specifici casi. Ad esempio, in base al D.Lgs. 192/2005 e successive modifiche, la caldaia dovrà essere cambiata se:

  • durante i controlli periodici, il rendimento di combustione è inferiore ai valori minimi stabiliti dalla normativa e non può essere regolato tramite la manutenzione. In questo caso, l’impianto deve essere sostituito entro 300 giorni;
  • la caldaia presenta condizioni tali da rendere insicuro il suo funzionamento, pur in assenza di precisi obblighi di legge.

È però necessario sottolineare che le normative in vigore impongono altri obblighi, non basta infatti semplicemente cambiare caldaia, ma è anche indispensabile:

  • ottenere la dichiarazione di conformità dell’impianto (Di.Co.), come previsto dal D.M. 37/2008;
  • installare i contabilizzatori individuali di calore e le valvole termostatiche, in base al D.Lgs 102/2014, per la ripartizione dei consumi in base alla norma UNI 10200;
  • rispettare le regole per lo scarico dei fumi a tetto, come la norma UNI 7129-3, per le nuove caldaie a condensazione;
  • per gli impianti superiori a 35 KW, presentare la denuncia INAIL del generatore, ottenere la SCIA antincendio o l’esenzione ai Vigili del Fuoco e, se richiesta, depositare l’apposita pratica edilizia in Comune;
  • aggiornare o rilasciare il libretto d’impianto digitale regionale ed eseguire il primo Rapporto di Controllo di Efficienza Energetica (RCEE) per l’apposito bollino.

Ancora, è indispensabile sapere che una caldaia condominiale non a norma può determinare importanti conseguenze, sia per il condominio che per l’amministratore. In particolare:

  • il mancato ottenimento della Dichiarazione di Conformità o del Libretto d’Impianto può comportare sanzioni da 1.000 a 10.000 euro, oltre alla responsabilità civile e penale in caso di incidenti;
  • per gli impianti superiori a 35 kW per i quali è richiesta una pratica edilizia - ad esempio, per la caldaia condominiale a Roma è necessaria la comunicazione al Municipio e una relazione tecnica asseverata - la mancata presentazione espose a sanzioni amministrative locali;
  • l’assenza di contabilizzatori e valvole termostatiche può comportare sanzioni da 500 a 2.500 euro per ogni unità immobiliare, obbligo d’adeguamento immediato e responsabilità solidale dell’amministratore.

Quanto costa cambiare la caldaia condominiale

Tutte le decisioni sulla sostituzione della caldaia condominiale devono essere prese dall’assemblea, secondo le maggioranze previste dall’articolo 1136 del Codice Civile.

In particolare, trattandosi di un’innovazione energetica, è necessaria la maggioranza dei presenti, purché rappresentino almeno i 500 millesimi del valore dello stabile. In caso di urgenza e sicurezza, l’amministratore può procedere autonomamente, ratificando poi la decisione alla prima assemblea utile.

Termosifone in condominio
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Ma quanto costa cambiare un impianto di riscaldamento per tutto il condominio? Il prezzo per la caldaia condominiale varia a seconda della tipologia scelta, della complessità dell’impianto, dal numero di appartamenti da servire e, ovviamente, dai costi mesi per la zona in cui si trova l’edificio. Le medie possono essere molto ampie, dai 15.000 ai 60.000 euro per condominio. Indicativamente:

  • il costo della caldaia condominiale per 10 appartamenti può oscillare tra i 20.000 e i 35.000 euro totali, considerando una potenza intorno ai 100-150 kW e lavori standard;
  • il costo della caldaia condominiale per 16 appartamenti può raggiungere i 30.000-50.000 euro complessivi, sempre considerando la complessità dell’impianto;
  • sopra i 20 appartamenti, le cifre possono essere comprese tra i 50.000 e i 90.000 euro, anche perché potrebbero rendersi necessarie centrali termiche più strutturate e generatori modulari.

La ripartizione avviene fra tutti i condomini - anche fra coloro che si sono scollegati dall’impianto, perché ne beneficiano indirettamente - in base ai millesimi di proprietà, così come stabilito dall’articolo 1123 del Codice Civile.

La detrazione 2025 per la caldaia condominiale

Proprio poiché i costi di adeguamento dell’impianto di riscaldamento possono essere molto elevati, è utile anche considerare le agevolazioni per la caldaia condominiale. 

Ad esempio, se l’installazione della nuova caldaia avviene all’interno di interventi di riqualificazione energetica dello stabile, è possibile detrarre fino al 50% delle spese sostenute, per un massimo di 96.000 euro, per impianti a condensazione ibridi ed efficienti o pompe di calore. Non è invece disponibile la sostituzione della caldaia condominiale con il Superbonus al 110%, non più attivo.

È possibile avvalersi anche del Conto Termico 3.0, un incentivo a fondo perduto che copre fino al 65% delle spese per interventi di efficientamento energetico, con caldaie a biomassa o pompe di calore. Inoltre, possono essere disponibili iniziative a livello locale, se il proprio Comune le prevede.

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