La cronaca dei giorni nostri, purtroppo, spesso parla di drammatici viaggi per raggiungere lo Stivale, accompagnati tristemente da commenti che vanno nella direzione opposta rispetto all’accoglienza. Addirittura, qualche politico invoca la “chiusura dei porti”. Eppure, gli italiani hanno dato vita a una delle più grandi migrazioni della storia a cavallo tra il 1800 e il 1900. Una parte molto consistente di questi flussi è rappresentata dai veneti in Brasile, una rappresentanza che ancora oggi ha una forte influenza sulla cultura di diverse zone del Paese sudamericano.
La storia della migrazione veneta in Brasile
Il Veneto fu un importante serbatoio per i primi flussi emigratori verso il Brasile nel XIX secolo, garantendo un contributo massiccio per lo sviluppo della nazione sudamericana. Per rendere l’idea, basti pensare che nelle cittadine del grande Stato sudamericano gli oriundi veneti e italiani arrivano a rappresentare fino al 90% della popolazione locale.
Proprio quest’anno, tra l’altro, si sono svolti alcuni eventi commemorativi del 150° anniversario dell'immigrazione italiana in Brasile. In quell’occasione, a febbraio 2024, il presidente del Consiglio regionale Veneto, Roberto Ciambetti, aveva dichiarato: "I veneti sono stati assoluti protagonisti dello sviluppo del Brasile grazie alla loro grande cultura del lavoro".
Ciambetti ha anche sottolineato un dato molto importante: “Oggi, non a caso, in Brasile risiede la più grande collettività di italo brasiliani al mondo, stimata in circa 32 milioni di persone, cui si aggiungono circa 730.000 cittadini con passaporto italiano".
Una storia iniziata a fine ‘800, quando, tra il 1876 e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nelle regioni centro meridionali del Brasile, in particolare a San Paolo e nel Rio Grande do Sul, si stanziarono più di un milione di italiani, quasi metà dei quali di origine veneta.
Proprio dal Veneto, a partire dalla fine dell’Ottocento, emigrarò circa il 30 % degli italiani in Brasile. Descrivendo il popolo veneto di allora, lo storico Emilio Franzina scrisse: "si poteva morire per la denutrizione e l'unico alimento della classe rurale era la polenta, visto che la carne di manzo era una leggenda e il pane di farina di grano inaccessibile per il suo alto prezzo".
In un contesto simile, dal Veneto ma non solo, partivano molti contadini con il sogno e la speranza di diventare grandi proprietari terrieri e mettere in pratica le vaste conoscenze tecniche nel campo dell’agricoltura. Ma non solo. Il Brasile mise in atto una politica lungimirante, con una sorta di immigrazione sovvenzionata, in quanto il governo brasiliano pagava gli immigranti che entravano nel Paese.
L'immigrazione italiana in Brasile divenne significativa a partire dal 1870 circa e si trasformò in un fenomeno di massa fra il 1887 e il 1902, influenzando decisamente l'aumento della popolazione del Brasile. Fra il 1880 e il 1924, entrarono in Brasile più di 3,6 milioni di immigranti, di cui il 38% erano italiani. Se si considera il periodo fra il 1880 e il 1904, gli italiani rappresentano il 57,4% degli immigrati.
Talian, la lingua di origine italiana riconosciuta in Brasile
Come è noto, in Brasile la lingua ufficiale è il portoghese. In pochi, però, sanno che esiste anche un idioma di origine italiano riconosciuto ufficialmente dalla repubblica federale brasiliana. Stiamo parlando del Talian, la prima lingua certificata come “patrimonio culturale immateriale” del Paese sudamericano.
Il Talian, in sostanza, è una sorta di dialetto, con influssi provenienti soprattutto dalle province di Belluno, Treviso e di Trento, anche se a seconda delle zone può avere anche degli influssi padovani, vicentini, se non addirittura lombardi o friulani – a cui si aggiunge una certa influenza portoghese, soprattutto nei neologismi. È nata e si è sviluppata, come è facile immaginare, proprio grazie alla migrazione venete in Brasile.
Il Talian, però, negli anni ‘40 è stato duramente osteggiato durante il regime di Vargas. La conseguenza fu che in moltissimi abbandonarono la propria lingua madre in favore del portoghese, anche dopo la fine del periodo più acuto della persecuzione. Ma recentemente le politiche del governo brasiliano hanno favorito una maggiore apertura verso il plurilinguismo.
Nonostante il portoghese sia l’unica lingua ufficiale dello Stato, nel 2009 il Talian è stato dichiarato parte del patrimonio linguistico degli stati del Rio Grande do Sul e di Santa Catarina, e nel 2014 patrimonio culturale dell’intero Brasile. Inoltre, è la lingua co-ufficiale del comune di Serafina Corrêa. Secondo le stime del governo brasiliano, il Talian sarebbe ancora parlato da mezzo milione di persone in 133 città.
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