A idealista/news il presidente di ASPESI parla del sistema che regola la permuta della casa e del contenuto della proposta avanzata al governo
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Federico Filippo Oriana, presidente di ASPESI ASPESI

Come funziona il mercato delle permute residenziali? Quali possono essere i vantaggi? E perché promuoverlo? Ne ha parlato a idealista/news Federico Filippo Oriana, presidente di ASPESI (Associazione Nazionale tra le Società di Promozione e Sviluppo Immobiliare).

Tra le proposte avanzate al governo per sostenere la proprietà e il lavoro immobiliare, ma anche per favorire la ripresa del settore post Covid-19, l’ASPESI (organizzazione italiana delle società ed aziende immobiliari, aderente a Confedilizia) ha richiesto l’attivazione del mercato delle permute residenziali.

A idealista/news il presidente di ASPESI ha chiarito il sistema che regola la permuta della casa, il contenuto della proposta avanzata al governo e ha illustrato quali sono a suo avviso le sfide che il mondo immobiliare dovrà affrontare nel prossimo futuro: “Sarà necessario trovare nuovi segmenti di mercato. Gli immobili inoltre dovranno essere concepiti in modo nuovo e adeguati alle nuove esigenze”.

Qual è la situazione in cui versa il mercato immobiliare?

“Partiamo prendendo in considerazione il mercato della prima casa. Esso è stato tradizionalmente un driver del nostro Paese a partire dal dopoguerra. Questo mercato, che rappresenta una grande spinta per l’economia generale, si è fermato. Ma non ora, negli ultimi dieci anni. A fermarlo vari fattori esogeni attinenti alla situazione economica e sociale del nostro Paese.

Prendiamo poi in considerazione il mercato per investimento. Anche questo segmento è fermo, in particolare dall’introduzione dell’Imu. Sommando l’Imu alle imposte dirette e alle spese straordinarie, il rendimento di un immobile diventa pari a zero, se non in certi casi negativo. In sintesi, non si compra la casa come prima abitazione e non si compra la casa per investimento. Il mercato è in sofferenza e lo era anche prima di questa emergenza sanitaria che può solo peggiorare la situazione”.

Come intervenire, a vostro avviso, per favorire la ripresa del mercato immobiliare?

“Secondo noi, è necessario partire dalla creazione di un mercato di riferimento. Si può produrre e vendere, ma poi chi compra? Ci deve essere un mercato. Da qualche anno, soprattutto in ASPESI, abbiamo spinto la proposta delle permute. Noi sappiamo che l’80% degli italiani vive in una casa di proprietà e chi oggi per qualche ragione vuole o deve vendere la propria abitazione e acquistarne un’altra più adatta alle proprie esigenze – siano esse dimensionali, qualitative o di ubicazione – deve quasi sempre dare via il proprio immobile. Tra l’altro, al giorno d’oggi le uniche compravendite immobiliari sono di acquisto dell’usato e con l’acquisto dell’usato non si dà in effetti un contributo al rilancio economico del Paese.

La nostra proposta è quella di creare un mercato di sostituzione, un concetto a monte della permuta. La permuta è uno strumento, il mercato di sostituzione è il fine. Lo Stato trarrebbe convenienza dal mercato della sostituzione: sull’acquisto di un appartamento usato incassa il 2% di una rendita catastale; mentre sull’acquisto di un appartamento nuovo incassa al momento dell’atto il 4% di Iva sul prezzo intero, oltre all’Iva piena su tutti i servizi e tutta non detraibile. Inoltre, gli appartamenti nuovi portano maggiore risparmio energetico e maggiore qualità abitativa.

Se la politica fiscale è uno strumento della politica economica, lo Stato avrebbe tutto l’interesse ad incentivare la produzione del nuovo. Ma per favorire la produzione del nuovo bisogna favorire la vendita del nuovo. Il mercato delle nuove costruzioni è fermo perché nessuno può comprare le nuove abitazioni, di cui invece c’è tanto bisogno anche sul piano abitativo. E qui entra in gioco il mercato di sostituzione. Le permute sono indispensabili perché se non si riesce a dare indietro il proprio immobile non si riesce ad acquistarne uno che costa di più, che è il nuovo, perché manca il denaro”.

Qual è la vostra proposta in merito alle permute?

“Le società di promozione e sviluppo immobiliare, i costruttori e tutti coloro che mettono sul mercato appartamenti nuovi o ristrutturati sono sicuramente disponibili a comprare il vecchio asset, ma l’operazione oggi è scoraggiata perché si deve pagare il 9% di imposta di registro. Un onere fiscale eccezionale, indeducibile e indetraibile. Non si tratta dell’Iva, che è un’imposta dinamica.

Quello che proponiamo noi dunque è di sospendere l’imposta di registro per cinque anni, arco di tempo durante il quale gli sviluppatori devono procedere alla trasformazione del vecchio immobile e rimetterlo sul mercato vendendolo a Iva. Per lo Stato l’incentivo fiscale si tradurrebbe in un doppio guadagno, in quanto incasserebbe immediatamente l’Iva indetraibile derivante dalla vendita dell’alloggio nuovo e poi un’altra Iva sulla vendita futura dell’usato ristrutturato. Mentre ora le permute non si fanno e quindi lo Stato non incassa niente.

Di norma, in cinque anni l’operatore riesce a completare i lavori di ristrutturazione e a rivendere l’immobile. Nel caso in cui l’operatore non dovesse riuscire nell’arco dei cinque anni a completare l’operazione e a rivendere l’immobile, lo Stato si prende quel 9% di imposta di registro che aveva temporaneamente sospeso. Nel complesso, si tratta di un’operazione a favore dello Stato, del privato, degli operatori e della collettività. E’ quella che chiamiamo un’operazione win-win”.

A vostro avviso, si tratta di un’operazione che favorirebbe la ripresa del mercato immobiliare in questo momento particolare?

“E’ un’operazione che vale sempre e non si capisce perché non sia stata fatta negli ultimi dieci anni, ma in particolare vale in questo momento, visto che dovremo fronteggiare una crisi che sarà terribile. Ha quindi anche una valenza congiunturale per il mercato. Ha poi un’altra valenza molto importante, anticiclica, per le costruzioni.

Da sempre le costruzioni rappresentano l’intervento più immediato per cambiare una situazione economica. Se però non c’è un mercato che trascina, non si costruisce. Inventiamoci quindi un nuovo mercato e favoriamolo con una piccola incentivazione. A questo punto si rimettono in moto le costruzioni, sempre ovviamente nel rispetto di tutti i requisiti ambientali oggi giustamente obbligatori. Rimettendo in moto le costruzioni private risolviamo due problemi: il blocco di mercato e il blocco produttivo.

L’usato può risolvere un problema contingente abitativo, quindi di mercato, invece la messa sul mercato di prodotto nuovo o integralmente ristrutturato favorisce anche la rigenerazione urbana, la riqualificazione. E con la rigenerazione urbana vi sono aspetti positivi in termini di sicurezza, ambientali, di efficientamento energetico, di qualità della vita. Anche per questo si dovrebbe ridurre l’aliquota Iva sulla vendita del nuovo almeno al 2%, che è l’aliquota per l’acquisto dell’usato".

Quali saranno le sfide del mercato immobiliare post Covid-19?

“La sfida principale sarà trovare nuovi segmenti di mercato, perché i vecchi non funzioneranno. Il mercato di sostituzione sarà sicuramente uno di questi nuovi segmenti, ci sarà poi probabilmente un mercato importante per gli studenti fuorisede. Si dovrà inoltre prendere consiglio dall’esperienza. Bisognerà avere politiche fiscali, strumento principale della politica economica, che portino a valorizzare dei segmenti reali e utili del mercato immobiliare.

Non dovremo ricominciare a produrre massicciamente delle grandi quantità di appartamenti. Dovremo avere delle politiche più selettive, in favore del nuovo, ma finalizzato a bisogni reali. Traendo spunto da questa esperienza, si dovranno considerare appartamenti pensati anche per una parte di lavoro, perché ormai è acquisito che anche quando le code di questa emergenza saranno superate ci sarà più smart working. Le sfide saranno di qualità, si dovranno sviluppare appartamenti concepiti in modo nuovo, su esigenze nuove, con una grande politica premiale da parte dello Stato per quello che è il nuovo sia dal punto di vista strutturale (ad esempio l’efficientamento energetico), sia dal punto di vista delle nuove esigenze, anche tecnologiche. Sarà una sfida anche per l’architettura e per i nuovi format abitativi, che dovranno tenere conto di questa dura lezione legata all’emergenza sanitaria.

La politica dovrebbe essere al servizio dei cittadini, quindi uno Stato che vuole usare le sue ormai purtroppo pochissime risorse in favore della collettività deve selezionare bene gli incentivi in funzione della qualità realizzativa, abitativa, progettuale all’interno di un ragionamento di rigenerazione urbana, che dovrà essere perseguito ancora di più. E’ la nuova politica dell’ASPESI di questi anni perché è l’unico futuro per noi come categoria, ma credo anche per l’Italia. La maggior parte della giornata la trascorriamo in qualche immobile – che sia la casa, l’ufficio, la palestra, la scuola – abbiamo quindi bisogno di immobili ripensati e più adeguati alle nuove esigenze”.

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