Con la sentenza n. 8434, le sezioni unite della Corte di cassazione sono intervenute sul tema dell'installazione dei ripetitori di telefonia mobile. Vediamo quanto spiegato.
La sentenza pubblicata il 30 aprile 2020 ha stabilito che il contratto con cui un condomino concede lo spazio comune per l'installazione dei ripetitori di telefonia mobile, "senza attribuzione del diritto di superficie, non richiede l'approvazione da parte di tutti i condomini, a meno che esso abbia una durata superiore ai nove anni". E' dunque sufficiente una delibera a maggioranza.
Come riportato da Italia Oggi, che ha esaminato il caso, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno prima analizzato se l'insatallazione dei ripetitori di telefonia mobile sul tetto dell'edificio condominiale rappresenta un'innovazione o no e quindi se si debbano applicare o meno "i divieti di cui all'art. 1120 c.c. (stabilità, sicurezza e decoro architettonico dell'edificio)". La Cassazione è giunta alla conclusione che l'installazione dell'impianto al tetto o al lastrico solare non rappresenta un'innovazione in quanto realizzata "a spese e nell'interesse del terzo cessionario del godimento del lastrico, ovvero della società di telefonia". Come riportato da Italia Oggi, dunque, non si tratta "dell'installazione, a opera del condominio, di un impianto destinato all'uso comune, ma della costruzione, a opera e spese di un terzo, di una tecnologia destinata al proprio utilizzo esclusivo. Per questo motivo, secondo la Cassazione, in casi del genere non si può parlare di un'innovazione".
La Cassazione ha poi analizzato la "qualificazione giuridica del contratto con il quale il concedente può assegnare alla società telefonica il diritto di utilizzare una parte del tetto o del lastrico solare per l'installazione dell'impianto". In merito la Corte di cassazione ha sottolineato che sono "in astratto legittimamente utilizzabili sia lo schema del contratto a effetti reali, sia quello del contratto obbligatorio, simile alla locazione". Ci sono però molteplici "differenze pratiche che discendono dai due diversi inquadramenti".
Nel caso del contratto a effetti reali, "verrebbe attribuito al terzo proprietario dell'impianto un diritto di superficie sulla parte comune, valevole per un tempo determinato, nel quale si potrebbe derogare alla disposizione legale per cui all'estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo lo diventa anche della costruzione". Una soluzione che, secondo i giudici di legittimità, "comporterebbe però l'acquisizione della natura di condomino in capo alla società telefonica", poiché "il diritto di godimento in tal modo attribuito sarebbe un diritto reale". E in tale situazione sarebbe necessaria "l'unanimità dei consensi (art. 1108 c.c.)".
Nel caso del contratto obbligatorio, sempre come riportato da Italia Oggi, "si viene a configurare come un negozio atipico di concessione ad aedificandum a effetti obbligatori, simile alla locazione, con conseguente applicazione tanto della disposizione di cui all'art. 1599 c.c., in tema di opponibilità del contratto al terzo acquirente, quanto di quella di cui all'art. 2643, n. 8, c.c., in tema di trascrizione dei contratti di locazione immobiliare di durata superiore ai nove anni".
In questo caso, con una durata inferiore ai nove anni, "trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione, per i giudici di legittimità sarebbe sufficiente una delibera adottata con la maggioranza semplice in seconda convocazione di cui all'art. 1136, comma 3, c.c., ovvero dalla maggior parte dei presenti all'assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore millesimale dell'edificio".
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