Un passo indietro inatteso: dopo mesi di silenzi, rinvii e tensioni tra istituzioni e industria, la Commissione Ue ha rimesso in consultazione la bozza di revisione del regolamento Ecodesign 813/2013/Ue, il testo che stabilisce gli standard minimi per i prodotti immessi sul mercato europeo. Il che implica la sparizione del divieto di vendere caldaie a gas a partire dal 2029, un bando che nella precedente bozza del 2023 sembrava ormai destinato ad entrare in vigore.
Il nodo tecnico che nascondeva un divieto totale
La revisione, pubblicata gli scorsi giorni ed aperta ai contributi fino al 26 dicembre, torna a porre la domanda: come conciliare la transizione verde con la realtà delle case europee e del mercato?
Per comprendere la portata della retromarcia bisogna guardare a quello che, solo sulla carta, appariva come un dettaglio tecnico: il limite minimo di efficienza stagionale. La Commissione precedente lo aveva fissato a un valore talmente alto da risultare irraggiungibile persino per le caldaie a condensazione più moderne. Un limite che, pur senza dichiararlo apertamente, avrebbe tagliato fuori qualsiasi caldaia a gas, trasformandosi di fatto in un bando mascherato e imponendo alle famiglie le spese forzate della sostituzione. Spese che per ora non dovranno più sostenere.
Una scelta che aveva provocato reazioni durissime in tutta la filiera del gas e degli impianti termici, soprattutto in Italia dove ogni anno si vendono oltre 900mila caldaie. Un cambio così repentino avrebbe generato un vero terremoto economico, sociale e anche climatico, perché avrebbe costretto milioni di famiglie a passare a tecnologie non sempre compatibili con gli edifici esistenti.
La nuova Commissione ha preso atto del problema: i parametri erano irrealistici e avrebbero creato più danni che benefici. La bozza attuale infatti abbassa significativamente le soglie, consentendo la permanenza sul mercato sia delle caldaie a condensazione sia, sorprendentemente, di quelle tradizionali.
Il divieto di caldaie a gas slitta al 2040
La retromarcia sull’Ecodesign non significa però che l’Europa abbia rinunciato alla decarbonizzazione del riscaldamento domestico. Il regolamento Ecodesign riguarda infatti la vendita dei prodotti, ma non modifica i target stabiliti dalla direttiva Epbd – “Case Green”. Quest’ultima mantiene un obiettivo ambizioso: eliminare l’uso dei combustibili fossili nel riscaldamento entro il 2040. Un traguardo solo “indicativo” ma su cui Bruxelles chiederà comunque agli Stati membri azioni concrete, affidando agli incentivi, più che ai divieti, la responsabilità di spingere cittadini e imprese verso pompe di calore, sistemi ibridi o altre tecnologie rinnovabili.
Il sollievo dell’industria: “Una misura folle evitata”
Se per alcuni la decisione rappresenta un indebolimento delle ambizioni climatiche, per l’industria italiana è una liberazione. Giuseppe Lorubio, presidente di Assotermica, ha accolto con soddisfazione la nuova bozza:
«Accogliamo con favore la retromarcia della Commissione europea sul divieto di installare caldaie, una misura folle che avrebbe danneggiato irreparabilmente il nostro tessuto industriale e compromesso gli obiettivi climatici comunitari».
Lorubio sottolinea come il parco caldaie italiano sia “vetusto” e necessiti di una sostituzione graduale, non traumatica. Le caldaie a condensazione, inoltre, sono già compatibili con combustibili rinnovabili e integrabili con solare termico o pompe di calore in sistemi ibridi, che rappresentano una delle vie più concrete per ridurre consumi ed emissioni senza stravolgere gli edifici.
Quando entreranno in vigore le nuove regole sulle caldaie
Il calendario è già tracciato:
- 26 dicembre 2025: chiusura della consultazione pubblica.
- Prima metà del 2026: pubblicazione del testo definitivo.
- Dopo due anni dalla pubblicazione, l’entrata in vigore.
Questo significa che gli standard rivisti e più flessibili diventeranno operativi tra metà 2028 e inizio 2029. Fino ad allora, il mercato resterà stabile e prevedibile, lasciando alle famiglie il tempo per pianificare con serenità la sostituzione del vecchio impianto, e agli Stati membri lo spazio per introdurre nuove forme di sostegno.
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