Nelle aree urbane è abbastanza frequente che spazi residenziali e commerciali coesistano all’interno dello stesso edificio. È il caso dei negozi in condominio, delle attività aperte al pubblico che sfruttano lo stabile comune, garantendo vantaggi sia agli stessi condomini che alla comunità nel suo complesso. Eppure, per quanto questa configurazione sia molto diffusa, richiede una puntuale gestione per evitare conflitti. Tra rumori sgraditi, il transito di sconosciuti nelle pertinenze condominiali o l’uso non consono delle aree comuni, non è raro che emergano contrapposizioni anche accese. Ma quali regole seguire per una pacifica convivenza?
I pro e i contro di un negozio in condominio
La presenza di un’attività commerciale all’interno degli spazi del condominio è di certo una realtà diffusa in Italia, si tratti di grandi centri urbani oppure di zone più periferiche. Tuttavia, è sempre indispensabile valutare vantaggi e svantaggi, prima di concedere locali condominiali a servizi aperti al pubblico.
Partendo dai fattori positivi, l’apertura di uno o più negozi in condominio è una possibilità da prendere seriamente in considerazione. Le attività commerciali possono infatti garantire:
- una rivalutazione al rialzo dell’immobile, sia dello stabile nel suo complesso che delle singole unità residenziali;
- dei servizi a portata di mano, a vantaggio della comodità di tutti i condomini;
- un minor rischio di unità sfitte o invendute all’interno dello stabile, perché la disponibilità di servizi rappresenta un’attrattiva per chi cerca casa;
- un ridotto senso di isolamento per i residenti, soprattutto in zone più periferiche, unito a un basso rischio di degrado: le attività commerciali al piano terra sono utili per migliorare il decoro e l’estetica dell’edificio.
Per contro, esistono degli svantaggi che potrebbero andare a detrimento della qualità della vita all’interno dei confini condominiali:
- il rischio di dover subire rumori molesti, dovuti al continuo via vai degli acquirenti dei negozi;
- la maggiore usura degli spazi e degli impianti comuni del condominio, soprattutto se il negozio si avvale di ascensori, scale e androni interni;
- la continua presenza di sconosciuti nelle pertinenze dello stabile, che potrebbe ridurre la percezione di sicurezza da parte dei condomini;
- la possibilità di spese condominiali più alte, seppur in proporzione, poiché le attività commerciali possono determinare consumi maggiori per tutto lo stabile;
- la difficoltà di trovare parcheggio nei pressi dell’edificio, sia a causa dei veicoli degli acquirenti che delle operazioni di carico e scarico da parte dei fornitori.
Quando si può aprire un negozio in condominio
Compresi vantaggi e svantaggi, è utile sapere che l’apertura di un negozio in condominio non rappresenta un processo automatico, bensì dipende da fattori sia normativi che contrattuali. Ma quali sono le limitazioni più rilevanti? Innanzitutto, è indispensabile verificare la destinazione d’uso dei locali che si vogliono adibire ad attività commerciale.
È infatti necessario accertarsi che non siano residenziali e, in caso fosse necessario, procedere alla richiesta di cambio d’uso al Comune, ottenendo i relativi permessi urbanistici. Dopodiché, si dovranno considerare eventuali limitazioni riportate all’interno del regolamento condominiale. In particolare:
- il regolamento assembleare potrebbe includere precise indicazioni su aspetti organizzativi come la gestione e l’accesso agli spazi comuni, così come le fasce di rispetto della quiete;
- il regolamento contrattuale, ovvero quello di solito disposto dal costruttore e accettato da tutti i condomini con l’atto d’acquisto, potrebbe vietare espressamente negozi o attività analoghe all’interno dello stabile.
In linea generale, la modifica delle restrizioni definite a livello assembleare - ma limitata a norme organizzative - richiede l’ottenimento di una maggioranza semplice, così come previsto dall’articolo 1136 del Codice Civile: servirà almeno la maggioranza degli intervenuti in assemblea, purché rappresentino almeno i 500 millesimi del valore dello stabile. Invece, per cambiare le disposizioni espresse dal regolamento contrattuale - o imporre divieti anche a livello assembleare su attività lecite, come l’apertura di un negozio - serve l’unanimità di tutti i condomini.
L'apertura di un negozio in condominio
In assenza di divieti espliciti, il proprietario di un locale commerciale in condominio può procedere autonomamente all’apertura del negozio. Sarà però indispensabile salvaguardare la stabilità, la sicurezza e il decoro architettonico dell’edificio e, fatto non di certo meno importante, approfittare delle parti comuni in modo consono.
L’articolo 1102 del Codice Civile permette infatti al singolo di avvalersi degli spazi condivisi, purché non ne alteri la destinazione d’uso e non impedisca ad altri di fare altrettanto. Questo perché i negozi fanno parte del condominio a tutti gli effetti e, di conseguenza, sono soggetti alle stesse norme di tutela e utilizzo delle parti comuni a cui sono soggetti i residenti.
Le regole che i negozi devono rispettare
Al fine di garantire un corretto bilanciamento tra le esigenze delle attività commerciali e i diritti dei condomini, il negozio in condominio deve attenersi a una serie di norme. A partire dal divieto di produrre rumori o altre immissioni moleste oltre alla normale tollerabilità, valutata in relazione alla situazione ambientale e alle abitudini locali, come previsto dall’articolo 844 del Codice Civile. In più, bisogna considerare i limiti acustici previsti dal DPCM 14/11/1997, dai quali però i giudici possono discostarsi in caso di controversie.
In caso di molestie, l’onere della prova è a carico di chi le subisce: il singolo condomino, oppure il condominio, dovrà infatti rivolgersi al giudice, il quale potrà predisporre perizie tecniche per accertare l’entità del disturbo. In ogni caso, i negozianti devono agire attivamente per disciplinare i clienti e, soprattutto, evitare disagi nelle parti comuni - ad esempio, affollamenti negli androni o sulle scale - che potrebbero limitarne l’utilizzo degli altri condomini, violando così i principi dell’articolo 1102 del Codice Civile.
In merito agli orari delle attività commerciali in condominio, non esistono limiti specifici definiti dal Codice Civile, tuttavia sarà necessario rispettare:
- le fasce di quiete eventualmente definite dal regolamento condominiale;
- le norme e le ordinanze stabilite a livello locale.
Infine, un aspetto fondamentale riguarda lo spazio condominiale antistante al negozio, che non può essere occupato permanentemente con merci o arredi, senza l’autorizzazione assembleare. Ancora, se l’attività commerciale volesse affiggere cartelli o insegne, non solo dovrà ottenere i relativi permessi dal Comune, ma anche accertarsi che non violino il decoro architettonico dello stabile.
Chi paga le spese condominiali di un negozio
In presenza di attività commerciali in condominio, è altrettanto importante comprendere come debba avvenire la suddivisione delle spese per le parti comuni, quali i consumi per l’illuminazione di scale e androni o, ancora, l’ascensore condominiale.
In linea generale, i costi relativi alle parti comuni sono regolati dal principio di proporzionalità introdotto dall’articolo 1123 del Codice Civile: tutti i condomini devono provvedervi, in base ai millesimi di proprietà posseduti. Ciò vale anche per i millesimi del negozio in condominio: l’attività commerciale pagherà secondo la sua quota. Tuttavia, lo stesso articolo rimarca il concetto del condominio parziale: se una parte comune serve solo alcune unità, le relative spese sono divise solo fra chi ne usufruisce.
Ad esempio, non sono dovute alcune spese condominiali per negozi con accesso autonomo: se l’attività commerciale non sfrutta scale e ascensori, e non ne ha potenziale accesso per raggiungere altre parti comuni, può essere esentata dal pagamento dei relativi costi. Diverse sentenze sull’attività commerciale in condominio confermano questo orientamento: in particolare, con la sentenza 12659/2020, la Cassazione ha escluso i proprietari di negozi con accesso diretto alla strada dal pagamento di servizi condominiali a cui sono esclusi, come giardini, piscine e portineria.
Infine, in merito alle spese straordinarie - come gli interventi di ristrutturazione che riguardano l’intero stabile - è necessario sapere che le attività commerciali potrebbero goderne solo in parte. Ad esempio, il Bonus Ristrutturazioni 2025 prevede che la detrazione al 50% per i negozi si applichi unicamente alle parti comuni dell’edificio residenziale - quali il tetto e la facciata - e non per l’adeguamento interno di locali commerciali.
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