L'alternanza di messaggi dirompenti e concilianti fa pensare a un gioco delle parti per raggiungere un accordo all'ultimo istante, ma che il banco greco possa saltare è un'ipotesi che non molti ormai si sentono di escludere a priori. Dopo mesi di trattative, pochi giorni dovrebbero bastare perché arrivi davvero il momento della verità. Ovvero per scoprire se davvero il Tesoro ellenico non sarà in grado di ripagare le rate in scadenza del prestito del Fondo monetario internazionale, che ammontano a 1,6 miliardi.
Quale scenario si prepara in questo caso? Innanzitutto, si dovrà vedere se l'ufficializzazione di un default sul debito porterà a conseguenze sulla permanenza della Grecia in Europa. Secondo Fabio Sdogati, docente di economia internazionale al Politecnico di Milano, viste le condizioni attuali nel Paese, rivedere l'entità delle obbligazioni verso la ex Troika è indispensabile, “Atene dovrà necessariamente farlo, ma sarebbe opportuno lo facesse con l'accondiscendenza dei suoi creditori”. In tal caso si potrebbe avere un fallimento “controllato”, con effetti contenuti su chi è in possesso di pezzi del debito greco, Italia compresa.
In caso di rottura definitiva, invece, per la Grecia si spalancherebbero le porte d'uscita. Dall'Eurozona? Dall'Unione Europea? Da entrambe? I trattati europei, in realtà, non prevedono l'uscita dall'area della moneta unica, mentre il Trattato di Lisbona, all’articolo 50, contempla l’uscita concordata dall’Unione europea. Solo a quel punto, salvo venissero stabilite deroghe agli accordi in vigore, si potrebbe parlare di un ritorno alla dracma.
Ammettendo un cambio uno a uno all'esordio tra la nuova-vecchia moneta e l'euro, gli scenari nemmeno particolarmente pessimistici la vedrebbero svalutarsi tra il 40 e il 50 per cento nel giro di un anno. Senza più nemmeno gli accordi commerciali derivanti dalle interrelazioni europee, a quale destino andrebbe incontro un Paese sostanzialmente privo di materie prime, se non quelle per una mera sussistenza agricola?
Al di là delle conseguenze dirette su un Paese, per Pil e popolazione, marginale all'interno dell'area euro, è destinata a tornare d'attualità anche la parola contagio? Sdogati sostiene che la conseguenza più logica sarebbe una fuga di capitali dall'area euro. “Ma a volte i mercati sono irrazionali – aggiunge – gli operatori potrebbero anche ritenere a torto che, con l'uscita della Grecia, tutti i problemi sarebbero risolti”.
Ma più probabile è uno scenario nel quale, nonostante l'impegno della Banca centrale europea a pararne i colpi, gli speculatori tornerebbero a scommettere con rinnovato vigore contro bersagli accuratamente scelti di un'unione monetaria che smetterebbe definitivamente di essere vissuta come irreversibile.
E uno di quei bersagli potrebbe essere l'Italia, che innanzitutto dovrebbe dire addio ai tassi bassissimi dati da uno spread tra Btp e Bund attorno ai 120 punti, con un costo di finanziamento che finirebbe per salire, fornendo nuove difficoltà al Tesoro. Il ministro dell'Economia, Piercarlo Padoan, è però più preoccupato “del medio periodo, dato che nell'immediato godiamo dello scudo del Quantitative easing e abbiamo una situazione più solida di due o tre anni fa. Ma alla lunga tutto il sistema si rivelerebbe più fragile”.
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