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Chi è tenuto a prendersi cura di un animale è responsabile penalmente se lo lascia in condizioni di abbandono. Quindi, chi vive da solo deve avere la possibilità di prendersi un permesso retribuito dal lavoro per curare il cane o il gatto, ossia per portarlo dal veterinario e garantirgli i dovuti soccorsi medici.

E’ quanto accaduto a Roma, dove una dipendente dell’Università La Sapienza, che viveva da sola, ha ottenuto di assentarsi dal lavoro per due giorni perché l’animale domestico necessitava di un intervento medico veterinario urgente e indifferibile alla laringe e poi andava accudito.

In merito, i contratti collettivi offrono un appiglio interpretativo. Dove consentono la possibilità di assentarsi per “grave motivo familiare e personale” di fatto estendono il diritto a tutta una serie di ipotesi che, seppur non elencate in modo esplicito, consentono di collegare il permesso anche a situazioni come quella dell’assistenza all’animale malato.

Si dovrà tuttavia dimostrare che il lavoratore vive da solo e che, quindi, non ha possibilità di delegare l’incombenza ad altri familiari. Servirà poi il certificato veterinario che dichiari la malattia dell’animale.

Del resto, la stessa Cassazione stabilisce che “la non cura di un animale di proprietà integra, secondo la Cassazione, il reato di maltrattamento degli animali previsto dal codice penale”.

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