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E’ un quadro poco roseo quello che emerge dal focus “Millennials, lavoro povero e pensioni: quale futuro?” realizzato dal Censis per Confcooperative. Secondo quanto evidenziato, in Italia ben 5,7 milioni di lavoratori rischiano la povertà entro il 2050. Le cause sono da rintracciare nel ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro, nella discontinuità contributiva, nella debole dinamica delle retribuzioni di molte attività lavorative.

Il focus di Confcooperative-Censis ha sottolineato che il ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro, la discontinuità contributiva, la debole dinamica retributiva che caratterizza molte attività lavorative sono fattori che incidono negativamente sul futuro previdenziale e sulla tenuta sociale del Paese. Ma non solo. Per molti lavoratori è impossibile contare sulla previdenza complementare e questo aggraverà le condizioni di povertà determinate dalle basse pensioni.

Puntando i riflettori su come cambierà la situazione per le generazioni future il panorama si fa preoccupante. Secondo quanto previsto dal sistema previdenziale obbligatorio attuale, un ex dipendente con carriera continuativa, 38 anni di contributi versati e uscita dal lavoro nel 2010 a 65 anni, percepisce una pensione pari all’84,3% dell’ultima retribuzione. A un giovane che ha iniziato a lavorare nel 2012 a 29 anni, per il quale si prefigura una carriera continuativa come dipendente, 38 anni di contribuzione e uscita dal lavoro nel 2050 a 67 anni, il rapporto fra pensione futura e ultima retribuzione si dovrebbe fermare al 69,7%. Questo significa il 14,6% in meno.

Ma il quadro peggiora se si considerano gli oltre 3 milioni di Neet (18-35 anni) che hanno rinunciato a ogni tipo di prospettiva a causa della mancanza di lavoro e i 2,7 milioni di lavoratori occupati impegnati in attività non qualificate dalle quali è difficile uscire. A tutto ciò si aggiunge un problema di adeguatezza del rendimento economico del lavoro. Essere occupati, dunque, a volte non è sufficiente.

Crescono poi le tipologie di lavoro a bassa qualità e a bassa intensità. I giovani sottoccupati sono 171.000, quelli con contratto part-time involontario 656.000 e quelli impegnati in attività non qualificate 415.000.

Spicca infine una forte differenza socio economica tra Nord e Sud. Prendendo in considerazione anche solo il fenomeno dei Neet, nella fascia 25-34 anni (2 milioni), i giovani che non lavorano e non studiano che vivono nelle sei regioni del Sud sono ben 1,1 milioni, di cui 700mila circa concentrati in Sicilia (317mila) e Campania (361mila).

Alla luce di questi dati, Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ha chiesto al nuovo governo un chiaro e deciso impegno. “Queste condizioni – ha affermato Gardini – hanno attivato una bomba sociale che va disinnescata. Lavoro e povertà sono due emergenze sulle quali chiediamo al futuro governo di impegnarsi con determinazione per un patto intergenerazionale che garantisca ai figli le stesse opportunità dei padri. Non sono temi di questa o di quella parte politica, ma riguardano il bene comune del Paese. Sul fronte della povertà il Rei con un primo stanziamento di 2,1 miliardi che arriverà a 2,7 miliardi nel 2020 fornirà delle prime risposte, ma dobbiamo recuperare 3 milioni di Neet e offrire condizioni di lavoro dignitoso ai 2,7 milioni di lavoratori poveri. Rischiamo di perdere un’intera generazione”.

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