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Smart working, quali sono i controlli ammessi da parte del datore di lavoro?
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Per far fronte all’emergenza coronavirus, molti italiani stanno sfruttando l’opportunità di continuare a lavorare con lo smart working nei casi in cui sia possibile. Vediamo nel dettaglio quali sono i controlli che può svolgere il datore di lavoro nei confronti dei dipendenti a casa.

Non tutti però si sono fatti trovare pronti e stanno scoprendo poco a poco il funzionamento. E tra i dubbi e i nodi da sciogliere c’è quello che riguarda i controlli ammessi da parte del datore di lavoro sui dipendenti che lavorano da casa. Nel rispetto degli articoli 2, 3 e 4 dello Statuto dei lavoratori, infatti, le aziende “hanno il diritto-dovere di svolgere controlli sul corretto svolgimento della prestazione dei propri dipendenti, senza distinzioni sulle modalità di esecuzione”, come sottolinea il Sole 24 Ore.

Nel dettaglio quello che non può fare il datore di lavoro è installare e utilizzare apparecchiature tecnologiche e sistemi in grado di controllare a distanza lo svolgimento dell’attività lavorativa del dipendente, a meno che il ricorso a questi apparecchi non sia prima concordato con un accordo sindacale o sia autorizzato dall’Ispettorato territoriale del lavoro.

È possibile, invece, effettuare controlli mirati se l’azienda abbia il dubbio fondato che il dipendente si stia comportando illecitamente. I controlli, però, devono essere proporzionati e non invasivi. In ogni caso devono essere effettuati beni e servizi aziendali (computer fornito dal datore di lavoro e la casella di posta aziendale, ad esempio). Si tratta infatti di dispositivi per i quali il dipendente non ha alcuna “aspettativa di segretezza”.

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