Con la prospettiva sempre più concreta di una presenza umana stabile sulla Luna e su Marte, una domanda cruciale si fa largo tra scienziati e architetti: dove vivranno i coloni spaziali? Tra problemi di trasporto materiali e di insediamento umano, le risposte, tutt’altro che semplici, devono fare i conti con ostacoli economici, ambientali e psicologici.
Le sfide: costi stellari e condizioni estreme
Il primo ostacolo è economico: trasportare materiali dalla Terra allo spazio è proibitivo. La società Astrobiotic stima che inviare solo 1 kg di carico sulla Luna costi tra i 10 e i 20 milioni di dollari, rendendo insostenibile la costruzione con materiali terrestri.
A questo si aggiungono condizioni ambientali al limite del vivibile. Su Luna e Marte, un’atmosfera sottile non protegge da radiazioni solari e cosmiche, e le escursioni termiche sono estreme: sulla Luna si va da -173°C a 127°C, mentre su Marte le temperature variano da -120°C a una media di -63°C. Le abitazioni dovranno quindi essere realizzate con materiali ad alta densità, essere isolate termicamente e integrate con sistemi di regolazione climatica, sfruttando energia solare, geotermica o persino mini-reattori nucleari.
Il comfort nello spazio: privacy, verde e multifunzionalità
Il benessere psicologico degli astronauti sarà cruciale. Gli interni dovranno offrire comfort inediti, con luci che simulano i cicli giorno/notte e spazi verdi coltivati in serre idroponiche o aeroponiche per migliorare umore e qualità dell’aria.
Un esempio concreto arriva dallo Utah, dove Ikea ha inviato due designer alla Mars Desert Research Station per arredare “The Hab”, una cupola di otto metri progettata per simulare la vita su Marte. Da questa esperienza è nata l’idea di mobili salvaspazio, come letti a scomparsa, e arredi adatti a spazi curvi e limitati, pensati per un futuro tanto extraterrestre quanto terrestre, in micro-case urbane.
Architettura spaziale: ghiaccio, regolite e funghi
Diversi progetti si sono confrontati con queste sfide. Tra i più noti, Mars Ice House, ideato da Space Exploration Architecture e Clouds AO, vincitore di un concorso NASA. Il progetto sfrutta il ghiaccio marziano, materiale resistente e traslucido, per costruire habitat a strati: ghiaccio esterno, polimeri flessibili interni, e una camera d’aria isolante. Il tutto realizzato da robot e stampanti 3D che usano risorse locali, minimizzando i trasporti dalla Terra.
Altre soluzioni puntano sulla regolite, la polvere presente sulla Luna e Marte. L’azienda americana Icon, con il progetto Olympus, e l’ESA con il suo Moon Village, prevedono l’uso di stampanti 3D per costruire habitat sotterranei e autosufficienti, capaci di produrre acqua e ossigeno, e coltivare cibo in serre hi-tech.
La proposta più audace arriva dal centro di ricerca Ames della NASA, che immagina di far crescere gli habitat con i funghi. Usando miceli, la parte sotterranea dei funghi, si potrebbero creare strutture viventi, leggere e facilmente trasportabili. Una volta arrivate su Marte o sulla Luna, basterebbe aggiungere acqua per “attivare” i funghi e farli crescere attorno a una struttura gonfiabile, creando un rifugio isolato e resistente alle radiazioni.
Un ritorno alle origini: vivere nelle caverne lunari
E se la soluzione fosse... tornare alle caverne? Secondo uno studio dell’Università della California a Los Angeles, le fosse lunari scoperte nel 2009 potrebbero offrire riparo naturale contro radiazioni e micrometeoriti. Le temperature all’interno restano stabili intorno ai 17°C, offrendo un ambiente sorprendentemente ospitale. “Gli esseri umani si sono evoluti nelle caverne e potrebbero tornarci sulla Luna”, ha commentato il ricercatore David Page.
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