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Come il covid ha cambiato la percezione degli spazi in casa
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L’emergenza coronavirus, soprattutto durante il lockdown, ha contribuito a cambiare la percezione delle case e soprattutto le priorità domestiche di milioni di persone in tutto il mondo.  Per scoprire quali saranno i nuovi trend abitativi, idealista/news ha intervistato Francesco Roesler, Senior Landscape Architect & Masterplanner dello studio internazionale Dar Al-Handasah.

A essere messo in discussione, per lo meno in parte, è proprio il sistema urbano delle grandi città. L’emergenza sanitaria, e il confinamento forzato in casa, ha fatto emergere una realtà sottolineata anche da Francesco Roesler: “In sostanza viviamo in spazi troppo piccoli all’interno di città troppo grandi, trascorrendo la quasi totalità della nostra esistenza confinati entro quattro mura, siano esse ufficio, casa, bar o palestra”.

Lo scenario pre pandemia

Secondo l’EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente) un cittadino americano trascorre in media almeno il 90% del suo tempo in ambienti chiusi; il resto del tempo è diviso tra spostamenti e, in minima parte, alla vita all’aperto. L’imposizione del lockdown – argomenta l’architetto dello studio internazionale Dar Al-Handasah – ha innescato un processo di ripensamento delle esigenze e priorità in tema di abitare e del valore degli spazi aperti e del verde pubblico all’interno delle città, come valvola di sfogo ed evasione dal paesaggio artificiale che abbiamo costruito”.

Uno status quo che ha contribuito in maniera decisiva a segnare il mercato immobiliare, come mette in risalto Roesler: “La densificazione urbana e la concentrazione delle attività lavorative e dei servizi nelle grandi città hanno portato, nel tempo, alla progressiva riduzione degli spazi domestici al minimo indispensabile per svolgere le funzioni vitali essenziali; ciò ha ampliato notevolmente il gap tra valore intrinseco e valore di mercato dell’abitazione, specialmente nei centri delle grandi capitali mondiali, creando un enorme divario tra potere di acquisto e valore di mercato”.

In buona sostanza, un acquirente o un inquilino medio che lavora in una grande città non ha molta scelta e deve farsi andare bene una casa con le caratteristiche che può permettersi il suo portafogli. A tal proposito, Roesler fa l’esempio di Londra: “I grandi quartieri del business, shopping e hospitality dei centri città sono alla base di un mercato immobiliare che ha convinto negli i cittadini di quanto sia giusto pagare più di 1000 sterline per l’affitto di una stanza in uno shared flat in centro a Londra per vivere vicino al proprio ufficio, in zone ben servite di mezzi pubblici, ristoranti, locali e negozi”.

Tuttavia, il caso più eclatante al livello mondiale è quello di Hong Kong dove un metro quadro in centro costa in media 31.863.48 dollari, l’affitto medio al mese per un bilocale è di 2.211 dollari, mentre gli stipendi medi annui ammontano a 45.605 dollari. “La Pandemia – evidenzia l’architetto dello studio internazionale Dar Al-Handasah – ha però messo questo modello in discussione, aprendo per molti la porta verso un nuovo modo di vivere, dove casa e ufficio coincidono, le distanze si annullano e i centri urbani si svuotano”.

La nuova percezione

Da ormai parecchi mesi in molti si domandano come cambieranno le case nel post covid, tuttavia Francesco Roesler pone l’accento su un altro aspetto: “La domanda reale non è come cambierà la casa post covid ma come siamo cambiati noi e le nostre priorità”. E nel farlo, argomenta in questo modo: “Un dato interessante è quello fornito da Rightmove, il più grande motore di ricerca di case in UK, secondo cui la domanda di proprietà con uno spazio esterno rivolto a sud, nel mese di giugno, è più che raddoppiata rispetto allo stesso mese l’anno scorso; tali proprietà sono inoltre vendute in media a un prezzo di 23.000 sterline superiore alle case senza spazi esterni”.

Anche la ricerca di più ampie metrature, principalmente in aree periferiche o extraurbane è un fattore che lascia intendere come a cambiare non sia la casa in sé, ma i parametri di ricerca che noi riteniamo importanti, fondati su nuove priorità ed esigenze. Molte delle quali dipendono anche da come anche il mondo del lavoro sia mutato con la pandemia.

“Se è vero che molti più professionisti potranno gestire in remoto parte, se non tutto, il proprio lavoro – spiega Roesler – questo impatterà inevitabilmente sulle abitazioni. Sempre più componenti dell’ufficio entreranno nelle nostre case, sedie ergonomiche, monitor per pc, stampanti; aumenterà la necessità di infrastrutture più potenti, come la fibra ottica e, di conseguenza, i consumi energetici”.

Ma, nel dettaglio, come cambieranno ne nostre case? “Cambierà il design degli arredi per ottimizzare l’uso degli spazi, cambierà l’illuminazione e la ventilazione, dando priorità a quelle naturali, ci sarà una maggiore ricerca di materiali per l’isolamento acustico, come serramenti o pareti divisorie. Gli ambienti domestici diventeranno più flessibili per incorporare le esigenze lavorative; ma vi sarà anche una razionalizzazione dei consumi di material, meno documenti da stampare e più lavoro in cloud”.

Trascorrere più tempo a casa porterà inevitabilmente a incrementare l’attenzione alla qualità degli spazi domestici, ciò vale sia per l’acquisto che per gli affitti, la ricerca di più ampie superfici vetrate, di una migliore esposizione e di una maggiore presenza di verde sia esterno che interno.

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