Scopriamo quando si può ricorrere alla clausola risolutiva espressa per intimare lo sfratto per morosità.
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Intimazione di sfratto
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Utilizzata principalmente nei contratti di locazione commerciale, la clausola risolutiva è un particolare strumento giuridico grazie al quale è possibile inviare un’intimazione di sfratto a causa di morosità al conduttore che non ha rispettato i termini dell’accordo sottoscritto. Ecco tutto ciò che c'è sa sapere sull'intimazione di sfratto per morosità e clausola risolutiva espressa.

Come funziona la clausola risolutiva espressa

Attraverso la clausola risolutiva espressa inquilino e proprietario  stabiliscono che, nel caso in cui dovesse sopraggiungere un inadempimento specifico - costituito, solo per fare un esempio, dal mancato pagamento del canone di affitto entro una determinata data - il contratto di locazione si scioglie automaticamente: non è, quindi, necessario attendere una sentenza del Tribunale.

La clausola risolutiva espressa ha una validità diversa a seconda del contratto locazione che le parti hanno sottoscritto:

  • per quelli ad uso diverso dall’abitativo: ha piena validità ed è perfettamente efficace;
  • per quelli ad uso abitativo: in questo caso gli articoli 5 e 55 della Legge n. 391/1978 hanno introdotto alcune norme che sono a totale e completa tutela del conduttore. Eventuali clausole risolutive espresse che dovessero imporre dei termini diversi per il pagamento dell’affitto non avrebbero alcun tipo di efficacia.
clausola risolutiva espressa
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Clausola risolutiva espressa in un contratto, cosa comporta

In linea di principio si è sempre ritenuto che una clausola risolutiva espressa risultasse incompatibile con lo sfratto per morosità. Per ottenere quest’ultimo è necessario, infatti, una sentenza costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento: l’introduzione della clausola porterebbe ad una risoluzione automatica del contratto. La sentenza, quindi, avrebbe un ruolo secondario, limitandosi a dichiarare quanto già previsto dall’accordo.

Cambio di passo molto importante è arrivato grazie alla sentenza n. 19602 del 2013 della Corte di Cassazione, attraverso la quale i giudici hanno riconosciuto che lo sfratto per morosità fosse perfettamente ammissibile anche di fronte ad una clausola risolutiva espressa, che aveva come oggetto proprio il mancato pagamento del canone di locazione.

Esiste un caso preso in esame dai giudici, che ha portato a questa specifica decisione. Il proprietario di un immobile aveva intimato lo sfratto per morosità al conduttore appoggiandosi alla clausola inserita all’interno dell’accordo, attraverso la quale era stata prevista la risoluzione del contratto nel caso in cui l’inquilino non avesse effettuato il pagamento entro cinque giorni. L’azione di sfratto è stata ritenuta valida dalla Suprema Corte, la quale ha sottolineato che, benché non sia stato inserito un richiamo testuale all’articolo 1456 del Codice Civile, il comportamento che avrebbe portato alla risoluzione del contratto è stato chiaramente delineato da entrambe le parti.

Sfratto per morosità
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Quando l’intimazione di sfratto per morosità è valida

Ma per intimare lo sfratto per morosità è sufficiente l’inadempimento? A chiarire questo dubbio è l’ordinanza n. 23287 del 28 agosto 2024 della Corte di Cassazione, nella quale è stato esplicitamente chiarito che l’eventuale inadempimento dell'obbligazione che permette di avvalersi della clausola risolutiva espressa deve essere effettivo. Nel caso in cui questo presupposto non si dovesse verificare, esercitare questo diritto sarebbe un abuso a tutti gli effetti.

I giudici hanno messo in evidenza che deve essere privilegiato il criterio della buona fede per valutare come si stanno comportando i privati. Nel caso in cui l’inquilino - diventato debitore del proprietario e benché si sia verificato quanto previsto dalla clausola risolutiva espressa - si sia comportato in buona fede, non sussiste l’inadempimento che porta alla risoluzione del contratto.

Nel caso preso in considerazione dai giudici, però, il ritardo dei pagamenti hanno creato un danno al locatore - hanno superato i 30 giorni previsti dalla clausola - e il conduttore, oltre a non aver rispettato una delle sue obbligazioni principali, ha agito in mala fede: ha ritardato il pagamento e non è stato in grado di dimostrare che il suo inadempimento sia stato determinato da dei disguidi bancari.

Come far valere la clausola risolutiva espressa

Stando a quanto ha espressamente sottolineato la Corte di Cassazione la parte adempiente ha pieno diritto a chiedere che il contratto di locazione contenente la clausola risolutiva espressa sia risolto e procedere con lo sfratto per morosità.

Da un punto di vista procedurale, secondo i giudici della Suprema Corte, non ci sono degli ostacoli giuridici a che la clausola risolutiva espressa venga applicata. L’articolo 663 del Codice di Procedura Penale prevede che lo sfratto possa essere convalidato qualora la morosità dovesse persistere.

Nel caso in cui si dovesse avere intenzione di procedere con lo sfratto di morosità - nel momento in cui è stata sottoscritta una clausola risolutiva espressa - è bene muoversi come segue:

  • all’interno dell’atto di intimazione di sfratto per morosità formulare una domanda cumulativa di convalida per morosità e - in caso di opposizione - di ordinanza di rilascio (ex art. 665 c.p.c.). In via subordinata è bene richiedere il mutamento di rito in modo da ottenere la risoluzione giudiziale;
  • prestare attenzione agli eventuali mutamenti della domanda: si può passare dalla clausola risolutiva all’inadempimento, non è possibile fare il percorso opposto.
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Come bloccare lʼintimazione di sfratto

Bloccare uno sfratto esecutivo è difficile, soprattutto quando l’inquilino non ha delle valide motivazioni per essere moroso.

Cerchiamo di capire meglio. Nel momento in cui viene notificato l’atto giudiziario inerente allo sfratto (anche quando c’è la clausola risolutiva espressa), il destinatario non deve ignorare l’intimazione. Deve presentarsi all’udienza nella data prestabilita, dove si dovrà difendere opponendosi al provvedimento. Questo può essere fatto solo e soltanto se l'atto ricevuto è ingiusto o sia scorretto dal punto di vista formale.

A questo punto si possono verificare le seguenti situazioni:

  • nel caso in cui le contestazioni non dovessero essere fondate su delle prove scritte comprovate, il giudice pronuncia un’ordinanza di rilascio, che non è impugnabile;
  • se la contestazione si basa su delle prove scritte viene avviato un giudizio ordinario, che sfocia in una classica causa civile.

L'aspetto più importante per riuscire a bloccare uno sfratto esecutivo, quindi, è la presenza di prove, attraverso le quali la parte inadempiente possa giustificare la propria posizione.

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