A Villa Malvasia a Bologna il vero padrone di casa è il tempo, scandito da una atmosfera insoluta tipicamente aristocratica e saturo di storia e di un prestigio che affonda le sue radici in un passato indistinto e remoto. La villa di campagna, di chiaro impianto seicentesco, è attualmente in vendita al prezzo di un milione e mezzo di euro: idealista/news ha intervistato Francesco Pizzolla, sales manager del Gruppo Toscano, che ci ha aperto le porte di questo luogo d'arte e mistero introducendoci nel suo lungo percorso di fregi, affreschi e decorazioni che raccontano la lunga storia di nobiltà e decadenza di questa struttura.

Milletrecento metri quadri, settanta ambienti
Siamo a circa cinque chilometri dal centro di Bologna: è qui che il conte Carlo Cesare Malvasia, influente storico dell'arte seicentesco, nella seconda metà del XVII secolo fece costruire questa struttura su una preesistenza cinquecentesca. All'arrivo, il colpo d'occhio è notevole. Si tratta di milletrecento metri quadrati divisi in settanta ambienti. Gli spazi sono suddivisi in tre piani, più un seminterrato. L'ampio giardino esterno è di circa mille metri quadri. Una proprietà esclusiva, il cui target riscontrato finora da chi ne cura la vendita «è quello destinato alla ricezione - quindi alberghi o ristoranti - e non più riservato all'ambito residenziale», spiega Pizzolla.

Il conte Malvasia trasformò questo gioiello incastonato nella campagna bolognese in un vivace cenacolo culturale: le decorazioni e gli affreschi sopravvissuti alle angherie del tempo parlano ancora di quei tempi, con lavori attribuili a grandi artisti come Valesio, Togni, Franceschino Carracci, Angelo Michele Colonna e Girolamo Curti detto il Dentone. Quest’ultimo, considerato il padre del “quadraturismo” bolognese, proprio da queste stanze al piano terra verificò per la prima volta i principi di questa tecnica pittorica.
La struttura - nata come casino di caccia - è caratterizzata da cinque campate scandite da paraste. Il corpo centrale, su cui si apre un grande portale ad arco, è leggermente sporgente rispetto alle sue ali laterali ed è incorniciato da un doppio ordine di paraste. Il tetto è stato completamente ristrutturato e segni di recenti interventi conservativi si vedono ovunque.
Villa Malvasia fu poi all'avanguardia nelle tecniche costruttive utilizzate: «Basti pensare - spiega Pizzolla - che dall'ampio camino posto al primo piano il calore veniva trasferito in molte altre stanze attraverso delle tubature che conducevano l'aria calda. Possiamo parlare di un primordiale riscaldamento a pavimento».

Balza all'occhio la condizione di difficoltà conservativa in cui versa attualmente la villa, con scritte, atti vandalici e mancanza di intonaco in più punti: un elemento che stride la ricchezza ancora evidente del suo passato, con l'ampiezza dei suoi soffitti e le generosità degli spazi e dei fregi.
Mostre ed eventi
Il lento declino indotto dagli anni e gli interventi strutturali che la villa ha subito le hanno conferito un fascino suggestivo evidente, che la rendono unica nel suo genere, al punto che oggi questi ambienti ospitano anche set cinematografici, shooting fotografici, mostre ed eventi culturali. Nel corso del tempo sono stati molti i proprietari, tra cui nel 1905, il Cavalier Ferdinando Bonora, che apportò numerose modifiche al fabbricato e, nel 1928, Clara Mazzetti, dalla quale deriva l’altro nome con cui l’edificio è conosciuto, cioè Villa Clara.

Tra mito e leggenda
Nel corso della nostra visita un signore ha chiesto di entrare per scattare delle foto: un fatto ricorrente, a quanto pare, legato all'aura di mistero che aleggia sulla struttura. In particolare la villa è nota anche per la presunta "presenza" del fantasma di Clara, che nelle versioni più ricorrenti è una bambina murata viva in uno di questi ambienti dal padre agli inizi del '900 e che, specie nelle notti più nebbiose, si aggirerebbe inquieta tra le stanze chiedendo aiuto (esiste anche un'altra versione della leggenda, secondo cui Clara sarebbe stata invece una ragazza sorpresa dal padre ad amoreggiare con lo stalliere e per questo rinchiusa in casa dal genitore sine die). La verità, tuttavia, è che girando per questi ambienti non si riscontrano fenomeni paranormali di sorta, ma solo la voglia di questa struttura di continuare a vivere i suoi anni, fiera della sua bellezza e di una architettura senza tempo.
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