Arriva un'ulteriore tutela dalla Cassazione per i proprietari a cui hanno occupato abusivamente un immobile.
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Il Decreto Sicurezza ha previsto lo sgombero immediato e delle pene più severe nei confronti di chi non libera le case occupate. La Cassazione, con una recente pronuncia sull’argomento, ha riconosciuto il diritto dei legittimi proprietari a essere risarciti nel momento in cui lo Stato rimanga passivo di fronte ad un abuso. Quando un immobile non viene sgomberato tempestivamente dalle forze dell’ordine, la Pubblica Amministrazione potrebbe essere chiamata a risarcire i danni causati. 

Decreto Sicurezza, cosa comporta il reato di occupazione

Grazie al Decreto Legge n. 48 dell’11 aprile 2025 - entrato ufficialmente in vigore dal 12 aprile 2025 -  è stato introdotto all’interno del Codice Penale un nuovo reato: occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui (il riferimento ufficiale è l’articolo 634 bis c.p.).

A seguito della sua introduzione vengono puniti quanti dovessero occupare senza titolo un immobile o impediscono il rientro del reale proprietario o del detentore legittimo. Per questo comportamento è prevista una reclusione da due a sette anni. La stessa pena viene inflitta a quanti dovessero appropriarsi con degli artifici o dei raggiri di un immobile sul quale non hanno alcun diritto reale.

L'intromissione o la cooperazione nell’occupazione sono sanzionati; non è, invece, punibile l'occupante che, nel momento in cui riceve l’ordine di rilascio, collabora e decide di rilasciare celermente (e in modo volontario) l’immobile. Il reato è procedibile quando la persona offesa presenta querela. Si procede d’ufficio nel caso in cui la vittima sia incapace per età o infermità.

Sentenza della Cassazione
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Case occupate, la sentenza della Cassazione

Il Decreto Sicurezza ha uno scopo ben preciso: fronteggiare il fenomeno delle occupazioni abusive degli immobili, procedendo con lo sgombero immediato dello stesso. Purtroppo, almeno per il momento, i risultati non sono stati soddisfacenti.

A segnare un cambio di passo è una recente sentenza della Corte di Cassazione - la n. 24053 che è stata depositata il 28 agosto 2025 - che costituisce, a tutti gli effetti, un vero e proprio passo in avanti per riconoscere i diritti dei proprietari, che a fronte di un’occupazione abusiva del proprio immobile sono impotenti. E che devono confrontarsi con le inadempienze dello Stato. La presa di posizione dei giudici della Suprema Corte è importante, perché conferma che la Pubblica Amministrazione non può rinviare l’esecuzione di un ordine di rilascio per difficoltà organizzative o per dei bilanciamenti discrezionali.

È obbligatorio attuare l’ordine di rilascio una volta che sia stato previsto da un giudice. Il Ministero dell’Interno, qualora non ci dovesse essere una reale causa di forza maggiore, deve risarcire i proprietari dell’immobile per le proprie inadempienze. Nel caso preso in esame il Viminale è stato condannato a risarcire la proprietaria di qualcosa come 183.383,51 €: il danno è stato quantificato basandosi sui canoni di locazione che sono stati perduti.

Cosa cambia per i proprietari delle case occupate

Il caso finito sul tavolo della Corte di Cassazione riguarda un ex capannone industriale, che era stato occupato abusivamente nel corso del 2013. L’esecuzione dell’ordine di sgombero è stata rinviata più volte, nonostante l’ordinanza giudiziale di reintegro del 2014 e i dieci accessi effettuati con un ufficiale giudiziario. A determinare i rinvii sono stati:

  • una volta la mancanza del medico;
  • una volta l'assenza dei servizi sociali;
  • una volta una serie di tensioni legate ai manifestanti e alcuni presunti rischi legati all’ordine pubblico.

Gli occupanti hanno lasciato libero l’immobile solo nel 2018. Il ritardo - almeno stando all’interpretazione dei giudici di merito - non sarebbe da addurre all’ufficiale giudiziario, che ha fatto quanto di sua competenza, ma perché le forze dell’ordine non erano state attivate adeguatamente: erano presenti ma non in grado di procedere in sicurezza.

Secondo la Corte di Cassazione la condotta omissiva delle autorità è a tutti gli effetti un illecito, che determina il risarcimento del danno.

I principi della sentenza
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Su quali principi si basa la sentenza

La Corte di Cassazione per emettere la sentenza si è basata su due principi consolidati:

  • nel momento in cui è presente un titolo esecutivo - stiamo parlando di un ordine ufficiale del giudice - la Pubblica Amministrazione non ha una potestà discrezionale, ma deve prestare un servizio materiale: deve mettere a disposizione i mezzi necessari per portare a termine l’esecuzione coattiva;
  • non è possibile portare a giustificazione delle proprie negligenze dei bilanciamenti sull’opportunità di esecuzione. È ammesso unicamente il margine tecnico: ossia quando e come intervenire per ragioni operative. L’esecuzione, ad ogni modo, deve sempre avvenire in tempi ragionevoli.

Quali sono le scuse non ammissibili

Dalla sentenza emerge una chiara distinzione tra quelle che sono le cause di forza maggiore e le reali difficoltà organizzative. Lo sgombero è impossibile da realizzare nel momento in cui ci siano degli impedimenti oggettivi: tra questi ci sono l’indisponibilità dei mezzi da parte delle forze dell’ordine in un determinato momento per delle cause esterne e non prevedibili.

Non possono rientrare nel novero delle cause di forza maggiore le carenze organizzative, dovute alla mancanza di personale specializzato o perché sono assenti i servizi sanitari o sociali. Questi sono dei profili interni alla macchina pubblica, che non giustificano il rinvio dello sgombero dell’immobile occupato.

È necessario, inoltre, tenere a mente un passaggio fondamentale: è sempre necessario tutelare le famiglie, minori o persone fragile. È un compito che è in capo ai Comuni, che si devono prendere in carico anche gli inquilini morosi (per sapere quali siano si può consultare la banca dati morosità immobiliare): non è un lavoro che deve essere scaricato sulla forza pubblica, che deve semplicemente eseguire l’ordine giudiziario.

Bambini in casa
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Quando la presenza di minori blocca lo sgombero

La procedura di sgombero di una casa occupata è più delicata nel momento in cui sono presenti dei minori. In questo caso il giudice ha la possibilità di concedere delle proroghe ed è previsto l’intervento dei servizi sociali in modo da garantire la protezione dei più piccoli, per i quali è necessario cercare una sistemazione abitativa alternativa.

Quando si dovessero presentare dei casi estremi - che vanno valutati direttamente dal giudice tutelare - i minori potrebbero essere collocati in una comunità per un breve periodo. Ecco nel dettaglio come funziona questa procedura:

  • il giudice ha la facoltà di concedere una proroga, in modo da permettere alla famiglia di trovare una nuova sistemazione. Lo sgombero, anche se con una procedura più lenta, procede;
  • durante le varie fasi della procedura intervengono i servizi sociali, che devono accertare che i minori non rimangano senza una casa;
  • i servizi sociali diventano parte attiva nel trovare delle soluzione alternative - un altro alloggio nel quale abitare - o offrire un'assistenza economica temporanea alla famiglia.

In altre parole la presenza dei minori non impedisce lo sgombero, ma la procedura potrebbe essere più lunga, soprattutto quando l’occupante è in grado di dimostrare che non ci sono delle alternative abitative concrete: lo sgombero può essere sospeso, ma solo a fronte di prove e documenti che attestano quanto sia grave la situazione.

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