Nel primo semestre del 2025 l’accesso alla casa nelle grandi città italiane continua a rappresentare una sfida importante per le famiglie. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, per acquistare un’abitazione usata di 85 metri quadrati occorrono mediamente 6,8 annualità di stipendio, considerando che l’intero reddito venga destinato all’acquisto dell’immobile. Un valore che fotografa un Paese spaccato tra aree dove la domanda abitativa si scontra con prezzi molto elevati e città in cui il mercato resta più accessibile.
Milano continua a essere la città più costosa d’Italia
Il primato delle annualità necessarie per comprare casa spetta ancora una volta a Milano, dove nel 2025 servono 12,9 anni di stipendio per acquistare un immobile medio, quasi il doppio della media nazionale. Con un prezzo che raggiunge i 4466 euro al metro quadro, il capoluogo lombardo si conferma la piazza più “cara” d’Italia, con valori che ricordano quelli delle grandi capitali europee.
A seguire si collocano Roma con 9,2 annualità e Firenze con 9,1, due mercati tradizionalmente caratterizzati da forte attrattività, domanda interna costante e limitata disponibilità di immobili nelle zone più richieste. La classifica prosegue poi con Bologna (7,6), Napoli (7,1) e Verona (5,1), realtà dove i prezzi continuano a crescere pur senza raggiungere i picchi dei tre principali centri del Paese.
Le città più accessibili: Palermo e Genova
All’estremo opposto della graduatoria si trovano le città dove comprare casa è significativamente più semplice in rapporto al reddito. Palermo, con soli 3,4 anni di stipendio necessari per un acquisto, si conferma la realtà più accessibile grazie anche a un prezzo medio di 1163 euro al metro quadro. Molto simile la situazione a Genova, dove le annualità richieste sono 3,5 e il prezzo medio si attesta a 1196 euro al metro quadro.
Il divario con Milano è evidente: nel capoluogo lombardo occorrono quasi quattro volte gli anni necessari rispetto ai due centri più economici, dato che ben rappresenta la crescente polarizzazione del mercato immobiliare italiano.
Il confronto con il passato: i picchi del 2007 e l’ascesa di Milano
Osservando la serie storica, Tecnocasa ricorda che il massimo sforzo economico richiesto ai potenziali acquirenti si registrò nel 2007, quando servivano poco più di 10 annualità per acquistare un’abitazione media, in un contesto di prezzi ai massimi e grande vivacità del mercato. All’epoca la città più costosa era Roma, con 14,8 annualità, seguita proprio da Milano con 14.
Per oltre un decennio, fino al 2019, la capitale ha mantenuto il primato, finché Milano — trainata da un forte dinamismo economico e da un costante aumento dei valori immobiliari — ha superato Roma diventando la città più costosa d’Italia con 11 annualità necessarie per acquistare casa.
La base di dati
La ricerca si basa sui prezzi al metro quadro degli immobili usati rilevati dalle agenzie affiliate del Gruppo Tecnocasa nelle grandi città italiane, aggiornati a giugno 2025. Per le retribuzioni sono stati considerati i dati sulle retribuzioni contrattuali annue di cassa per dipendente, forniti dall’Istat. Il calcolo delle annualità ipotizza che l’intero reddito venga destinato all’acquisto di un’abitazione standard di 85 metri quadrati.
Un Paese a due velocità
L’analisi restituisce l’immagine di un’Italia in cui la casa rimane un bene ambito ma sempre più difficile da raggiungere nelle aree metropolitane ad alto dinamismo economico. Le differenze territoriali, particolarmente evidenti, sottolineano come poter acquistare un immobile dipenda in larga misura dalla città in cui si vive: se a Milano l’investimento è quasi proibitivo senza un reddito elevato o una disponibilità economica pregressa, in altre città — soprattutto nel Sud e in parte del Nord-Ovest — il mercato resta più equilibrato e accessibile.
In un contesto nazionale che vede gli stipendi crescere lentamente rispetto ai prezzi delle case, il numero di annualità necessarie continua a rappresentare un indicatore chiave non solo della capacità di acquisto delle famiglie, ma anche delle differenze strutturali tra i diversi mercati urbani italiani.
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