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opzione donna
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Dopo le discusse modifiche della scorsa legge di Bilancio, il governo Meloni per la proroga di opzione donna 2024 sta studiando un “restyling”, prendendo spunto dallo schema consolidato della pensione anticipata con Ape sociale, per questo si parla già di “ape donna”. Il taglio al requisito dei figli, infatti, non dovrebbe essere l’unica novità del prossimo anno. Scopriamo tutte le ultimissime notizie al riguardo.

Il meccanismo in vigore nel 2023

L’attuale meccanismo di pensione anticipata di opzione donna, su cui è intervenuta la scorsa legge di Bilancio, consente l'uscita a 60 anni di età e 35 anni di versamenti, vincolata al ricalcolo contributivo dell'assegno.

È previsto lo sconto di un anno per le donne con un figlio (pensionamento a 59 anni) e di due anni per quelle con più figli (pensionamento a 58 anni), ma solo per alcune specifiche categorie di lavoratrici:

  • caregiver;
  • con almeno il 74% di invalidità civile;
  • “licenziate”;
  • dipendenti di aziende in crisi.

L’introduzione di requisiti restringenti ha ridotto sensibilmente la platea delle beneficiarie, che è passata dalle quasi 24.000 beneficiarie del 2022 alle nemmeno 3.000 del 2023.

Opzione donna 2024, le ultime notizie

Per queste ragioni, e dopo le discussioni sulla formula 2023, il governo Meloni è già al lavoro per apportare correttivi alla formula di opzione donna per il 2024. Scopriamo quali sono le opzioni sul tavolo dell’esecutivo in vista della Manovra.

La formula sulla base di Ape sociale

Una delle ipotesi più accreditate al momento è quella di introdurre dei correttivi sulla falsariga del cosiddetto modello Ape sociale (destinata a categorie di lavoratori in situazione di disagio), anche per opzione donna.

Le categorie di lavoratrici che attualmente possono accedere ad opzione donna (caregiver, con almeno il 74% di invalidità civile, licenziate con 61-62 anni d'età e 30 anni di contributi - 28 per le madri con due figli) avrebbero la possibilità di beneficiare fino al raggiungimento della soglia di vecchiaia di un sussidio non superiore ai 1.500 euro lordi “non rivalutabili” per 12 mensilità e comunque svincolato dal ricalcolo contributivo dell'assegno.

Lo stesso sussidio, inoltre, spetterebbe anche alle lavoratrici impegnate in mansioni gravose (per almeno sei anni negli ultimi sette o sette anni negli ultimi dieci lavorati): in questo caso gli anni di contribuzione necessari (36 come sostanzialmente per l'Ape sociale) diventerebbero 34 in presenza di due figli.

Superamento del requisito dei figli

Ma non è l’unica opzione sul tavolo, perché per la proroga con modifica di opzione donna nel 2024 c'è anche una soluzione sostenuta da buona parte della maggioranza che prevede l'eliminazione del paletto dei figli, fermo restando l’accesso solo per le categorie di lavoratrici per le quali è attualmente utilizzabile questa uscita anticipata (caregiver, con almeno il 74% di invalidità civile, licenziate o dipendenti da aziende in crisi).

In sostanza, salterebbe il requisito dei 60 anni e sarebbero eliminati anche gli “sconti” di un anno con un figlio e di due anni con più figli. Per queste categorie, pertanto, la soglia anagrafica tornerebbe a 58 anni come nel 2022.

La terza via

La scelta finale dipenderà in gran parte dalle risorse che risulteranno effettivamente disponibili al momento della presentazione della Nota di aggiornamento al Def (Nadef), prevista per il 27 settembre. Se gli spazi di finanza pubblica lo dovessero consentire, non è del tutto escluso un mix tra le due possibili misure: una consentirebbe l'uscita, seppure a poche categorie di lavoratrici, prima dei 60 anni ma con il ricalcolo contributivo dell'assegno, che verrebbe evitato con l'altra possibilità optando per l'indennità da 61-62 anni in attesa di beneficiare della pensione di vecchiaia.

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