La Giornata Mondiale della Popolazione commemora la data approssimativa in cui la popolazione mondiale ha raggiunto i 5 miliardi, l'11 luglio 1987. In questa occasione, analizziamo più da vicino una delle tendenze demografiche che interesserà molti paesi, prima o poi, nel XXI secolo: il declino demografico. Particolarmente diffuso in Europa e nell’Asia sviluppata, questo fenomeno è una conseguenza del calo dei tassi di natalità e dell’invecchiamento della popolazione, e pone sfide significative ai paesi coinvolti.
In paesi come il Giappone e l’Italia, dove si stima che il declino demografico sia iniziato rispettivamente nel 2010 e nel 2014, i tassi di fertilità sono scesi sotto il livello di sostituzione di 2,1 figli per donna già da tempo. Fattori come un più alto livello di istruzione e maggiori opportunità di carriera per le donne, cambiamenti nelle norme sociali riguardo alla famiglia e alla procreazione, e un generale invecchiamento della popolazione hanno fatto sì che il saldo naturale (cioè la differenza tra nascite e decessi) diventasse negativo anni fa. Per diversi anni, la migrazione netta positiva ha evitato che la popolazione complessiva iniziasse a diminuire, ma alla fine il calo naturale ha superato l’incremento dovuto all’immigrazione.
I paesi con una popolazione in calo si trovano ad affrontare diverse sfide, sia economiche che sociali. Dal punto di vista economico, una forza lavoro in diminuzione può causare carenze di manodopera, riduzione della produttività e maggiore pressione sui sistemi di welfare. Con meno persone in età lavorativa a sostenere una popolazione anziana in crescita, il peso finanziario su pensioni e sanità aumenta. A livello sociale, la diminuzione della popolazione può portare allo spopolamento delle aree rurali, alla riduzione delle comunità e a difficoltà nel mantenere infrastrutture e servizi pubblici.
Affrontare queste problematiche richiede strategie articolate. Aumentare l’età pensionabile o incrementare le imposte/contributi sociali può aiutare ad alleviare i costi associati allo squilibrio demografico. Politiche a sostegno della conciliazione vita-lavoro e di servizi per l’infanzia accessibili possono contribuire a rallentare il calo demografico. Inoltre, l’immigrazione di giovani lavoratori qualificati può aiutare a colmare le carenze di manodopera e ad aumentare la produttività.
Secondo l’ultima revisione delle Prospettive Demografiche Mondiali delle Nazioni Unite, molti paesi dovranno affrontare queste sfide nel corso di questo secolo, se non lo stanno già facendo, come i già citati Giappone e Italia, la Cina e la Corea del Sud, che si prevede abbiano iniziato a vedere un calo della popolazione nel 2021. Per il Brasile si prevede l’inizio del declino nel 2042, per la Francia nel 2049 e persino per l’India — attualmente il paese più popoloso del mondo — nel 2062.
Tra le nazioni sviluppate, fanno eccezione gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia, per i quali non è attualmente previsto un calo demografico nel XXI secolo. Geograficamente, molte nazioni africane stanno ancora crescendo rapidamente, determinando uno spostamento del baricentro demografico mondiale, che vedrà paesi come Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia e Tanzania tra i più popolosi al mondo entro il 2100.
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