Dall’arrivo a Milano nel 1925 alla conquista di Roma e Torino: storia curiosa e imprevista della segnaletica stradale.
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primi semafori in italia
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L’arrivo dei semafori in Italia e in Europa rappresenta un momento cruciale per la storia della mobilità urbana. Prima del 1925, il traffico nelle città era gestito manualmente da vigili urbani, spesso posizionati al centro degli incroci più trafficati. Quando sono stati installati i primi semafori in Italia? La risposta è precisa e la data segna l’inizio di una rivoluzione nella regolamentazione del traffico cittadino, innescando cambiamenti profondi nella vita urbana e nella percezione dello spazio pubblico.

Dove sono stati installati i primi semafori italiani

Il 1° aprile 1925 a Milano, all’incrocio tra Piazza Duomo, via Orefici e via Torino venne installato il primo semaforo d'Italia. L’introduzione dei semafori rispose così all’esigenza di regolare il flusso veicolare in modo più ordinato e prevedibile, riducendo incidenti e congestionamenti.

Il primo impianto semaforico installato a Milano era molto diverso da quelli moderni: si trattava di un dispositivo a quattro luci, azionato manualmente da un agente della polizia municipale. Nonostante la novità suscitasse curiosità e talvolta scetticismo tra i cittadini, ben presto i vantaggi di questa innovazione divennero evidenti.

Il traffico risultava più fluido e le strade più sicure sia per automobilisti che per pedoni. L’esperienza milanese fu quindi seguita da altre grandi città italiane, segnando l’inizio di una diffusione capillare dei semafori su tutto il territorio nazionale.

primi semafori in italia
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I colori del primo semaforo sperimentale

Ben diverso da quelli che conosciamo oggi, il prototipo milanese utilizzava quattro colori – rosso, giallo, verde e bianco – mescolati in modalità tutt’altro che intuitive:

  • rosso e bianco indirizzati ai pedoni,
  • giallo e verde destinati ai veicoli in transito.

La segnaletica si rivelava più fonte di perplessità che di ordine: conducenti e pedoni, spaesati, finivano spesso per ignorare le luci o equivocarle, provocando interminabili rallentamenti. All’incrocio, reso ancora più caotico dalla confluenza di cinque strade principali, vennero posizionate cinque colonne semaforiche, ciascuna sorvegliata da un agente.

Tuttavia, anziché agevolare la circolazione, questo meccanismo sperimentale sembrò complicare tutto: automobili, tram, carrozze e biciclette si ammucchiavano in nervose code, sotto lo sguardo incredulo dei cittadini.

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Chi ha inventato il semaforo: dalle origini alla diffusione

Il semaforo nasce come risposta diretta all’esigenza di gestire un traffico urbano sempre più complesso, una necessità che si manifesta parallelamente nelle grandi metropoli di tutto il mondo. Prima di approdare nelle strade italiane, il semaforo attraversa un percorso di sperimentazione e perfezionamento che coinvolge diverse nazioni.

Le prime sperimentazioni: Londra, Stati Uniti ed Europa

L’idea del semaforo prende vita a Londra nel 1868, quando viene installato il primo prototipo alimentato a gas nei pressi del Parlamento. Questo dispositivo, la cui invenzione si deve a J.P.Knight, William Potts e Garrett Morgan, serviva a regolare il flusso di carrozze e pedoni, un tentativo pionieristico di ridurre gli incidenti agli incroci più trafficati della capitale inglese. Tuttavia, a causa di un’esplosione dovuta al gas, il progetto viene abbandonato dopo pochi mesi.

La vera svolta avviene negli Stati Uniti: nel 1914, Cleveland introduce il primo semaforo elettrico, dotato di due luci (rossa e verde) e azionato manualmente da un operatore. Questa soluzione si dimostra subito efficace nel gestire l’aumento vertiginoso del traffico automobilistico.

Nel frattempo, anche in Europa si assiste a una rapida adozione della nuova tecnologia: Parigi installa il suo primo impianto semaforico nel 1922, segnando l’inizio di una diffusione capillare nelle principali città del continente.

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L’espansione del semaforo nelle altre città: Roma, Torino e oltre

Se Milano ha fatto da apripista, Roma, Torino e le altre grandi città l'hanno seguita con maggiore cautela. Il processo di diffusione si è rivelato graduale, spesso segnato da un acceso dibattito pubblico e da una certa diffidenza nei confronti della nuova tecnologia.

A Roma, ad esempio, la complessità del tessuto urbano e la presenza di monumenti storici hanno richiesto un’attenta valutazione degli impianti da installare. Anche a Torino, le prime sperimentazioni sono state accolte con curiosità ma anche con qualche perplessità da parte di automobilisti e pedoni.

Le autorità cittadine organizzarono campagne informative per spiegare il significato dei segnali e favorire l’adattamento alle nuove regole. Il periodo di transizione fu caratterizzato da errori, incomprensioni e anche qualche episodio curioso riportato dai giornali dell’epoca.

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