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Tari, Mef: “Una sola quota per abitazione e pertinenze”
GTRES

Il Ministero dell’Economia è intervenuto sulla Tari, la tassa sui rifiuti, e ha dichiarato che la quota variabile deve essere calcolata una sola volta per le abitazioni con pertinenze e che è illegittimo il conto che la replica per garage, cantine e via dicendo. Ciò che dunque è stato fatto fino ad oggi dai comuni italiani, quindi separare l’abitazione dalle pertinenze, non è più possibile.

La direttiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze è arrivata in seguito al question time in commissione Finanze alla Camera durante il quale Giuseppe L’Abbate (M5S), dopo aver raccolto diverse segnalazioni da parte dei contribuenti, ha girato la domanda al sottosegretario all’Economia, Pier Carlo Baretta. La risposta non ha lasciato adito a dubbi: “La parte variabile della tariffa va computata una sola volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze situate nello stesso Comune”.

La Tari, si ricorda, viene calcolata dal Comune utilizzando una quota fissa e una variabile. La quota fissa viene calcolata sulla base dei metri quadri della casa, comprese le pertinenze. La quota variabile cambia in base al numero dei componenti della famiglia.

Nel caso di abitazioni con pertinenze come il garage o la cantina, il calcolo corretto deve sommare i metri quadrati e poi applicare le tariffe. Il calcolo illegittimo, invece, divide l’abitazione dalle sue pertinenze e replica la quota variabile per ognuna di esse. Ne consegue che con questo tipo di calcolo una famiglia media che vive in un appartamento di 100 metri quadri, comprensivi di box e cantina, può trovarsi a pagare quasi il doppio di quanto effettivamente dovuto. Nel dettaglio, il quotidiano economico Il Sole 24 Ore ha evidenziato che il calcolo corretto porta a una Tari annua di 391 euro, mentre il calcolo illegittimo determina una tassa sui rifiuti di 673 euro.

Con la risposta del Ministero dell’Economia ora cambia tutto e si apre la strada a possibili richieste collettive di restituzione di quanto pagato in più negli ultimi cinque anni, con ricorsi al giudice tributario per la disapplicazione delle delibere illegittime se la risposta del Comune è negativa.

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