Il Piano Casa, come strumento di politica abitativa, è tornato al centro dell’attività di Governo.
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Ministro Salvini PIano Casa
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Avv Roberto Rizzo
Avv Roberto Rizzo (Collaboratore di idealista news)

Si ritorna a parlare di Piano Casa con l'intento  di effettuare un intervento strutturale che vede il coinvolgimento diretto del Ministero delle infrastrutture e diversi enti e associazioni. Le finalità prioritarie riguardano il riordino e la semplificazione della normativa di settore.

Su tali temi prioritari, il Ministro Salvini si attende una collaborazione con le diverse associazioni di categoria, attraverso la definizione di tavoli di lavoro in cui coinvolgere, secondo le competenze, gli enti interessati. Riportiamo le principali posizioni delle associazioni di categoria coinvolte nel progetto.

Il Piano Casa nuovamente all’attenzione del Governo.

Di recente, il Piano Casa, come strumento di politica abitativa e come strumento per recuperare, attraverso la riqualificazione energetica, gli edifici maggiormente compromessi e meno performanti dal punto di vista del risparmio in ottica green, è tornato al centro dell’attività di Governo.

In particolare, dopo un primo vertice tenutosi il diciannove dicembre del 2023, il Ministro Salvini ha nuovamente convocato le parti sociali presso il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti (MIT) per approfondire ulteriormente gli spunti di riflessione emersi nel corso del primo incontro.

Diverse le proposte al vaglio dell’esecutivo, tutte orientate alla risoluzione dell’emergenza abitativa attraverso un nuovo Piano Casa, da adottarsi entro il 2025. Federcasa ha individuato la criticità maggiore da affrontare e risolvere nella gestione, con rinnovato slancio in termini di investimenti economici, del vetusto patrimonio immobiliare italiano riconducibile all’edilizia residenziale pubblica (che vede attualmente occupati 836mila alloggi, a fronte di ulteriori 360mila domande di aventi diritto rimaste inevase).

Confedilizia ha evidenziato l’indifferibilità del rafforzamento della locazione privata, che da sempre garantisce la stragrande maggioranza dell'offerta alloggiativa nel nostro Paese.

Tale maggior tutela, ad avviso del Presidente di Confedilizia, Spaziani Testa: “può avvenire in due modi: da un lato, attraverso misure di incentivazione fiscale (abbattimento dell'IMU e chiarimento circa l'applicazione in tutta Italia della cedolare secca per i contratti a canone concordato) e, dall'altro, mediante una maggiore tutela dei proprietari in fase di rilascio degli immobili (ad esempio, affiancando agli Ufficiali giudiziari nuove figure.”

Dal canto suo, l’esecutivo, con un emendamento inserito nella Legge di bilancio 2024, ha previsto la delega per la predisposizione di un decreto interministeriale su tre tematiche specifiche:

  • approfondimenti su modalità e strumenti per avviare interventi di recupero e riconversione del patrimonio immobiliare pubblico sottoutilizzato;
  • sperimentazione su modelli innovativi di Edilizia Residenziale Pubblica e di Edilizia Residenziale Sociale;
  • progetti sperimentali di Edilizia Residenziale Pubblica e di Edilizia Residenziale Sociale tramite Partenariati Pubblico Privato.

Non è mancato chi, come la FIMAA, Federazione Italiana Mediatori Agenti d'Affari, per il tramite del proprio Vicepresidente vicario, Maurizio Pezzetta, ha sottolineato, sempre ai fini della concreta realizzabilità di un nuovo Piano Casa, la necessità di promuovere ed agevolare, anche attraverso forme di incentivazione fiscale, i cambi di destinazione d’uso degli immobili, così da favorire, ai fini delle concreta perseguibilità di una politica abitativa pluriennale, il recupero di quelli attualmente non agibili o destinati a scopi diversi da quelli residenziali.

La posizione delle principali sigle di categoria

Infine, attraverso l’elaborazione di un documento congiunto, Confabitare, l’Associazione di piccoli proprietari di case (APPC) ed Unioncasa, hanno evidenziato la necessità di arrivare alla definizione del tanto atteso nuovo Piano Casa anche (e soprattutto) alla luce degli obiettivi programmatici prefissati, per gli Stati membri, dal PNRR e dalla Direttiva Green (Energy Performance of Buildings Directive), soprattutto nella versione successiva al trilogo (ossia all’accordo raggiunto dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione UE) del 07 dicembre 2023.

Si tratta, in buona sostanza, per le ricordate sigle associative, di elaborare un Piano Casa che abbia un ampio respiro, sicuramente pluriennale e che dovrebbe costituire un vero e proprio volano per la riqualificazione del patrimonio immobiliare del nostro Paese, e la ripresa effettiva del settore dell’edilizia, flagellato dalle conseguenze del fallimento del superbonus 110, attraverso una sorta di nuovo “Piano Fanfani”.

Condominio, locazioni abitative e locazioni commerciali, da ridisciplinare integralmente, aprendo agli investimenti privati e tenendo presente che gli studenti universitari e i lavoratori precari non necessitano tanto di nuove costruzioni da parte del settore pubblico, quanto, piuttosto, di un concreto miglioramento della mobilità territoriale per rendere accessibili immobili non necessariamente nelle immediate vicinanze delle università e dei luoghi di lavoro.

Il piano nazionale di edilizia abitativa, meglio noto come Piano casa, è stato introdotto dall’art. 11 del decreto-legge 112/2008, con il fine specifico di assicurare che su tutto il territorio nazionale fossero garantiti, soprattutto alle categorie socialmente ed economicamente svantaggiate, quei livelli abitativi minimi, necessari per assicurare un adeguato e dignitoso grado di sviluppo della persona umana.

Si trattava, nello specifico, di fronteggiare una vera e propria emergenza in atto nel mercato immobiliare, determinata dal crollo della domanda abitativa e dal contestuale incremento dei tassi dei mutui, alla quale il nostro legislatore ha pensato di far fronte con una vera e propria ridefinizione della politica abitativa: affiancare all’ordinario regime delle costruzioni, un provvedimento di sostegno dal carattere straordinario.

Il decreto in oggetto ha, pertanto, previsto una serie di misure rivolte all'incremento del patrimonio immobiliare italiano, sia mediante delle nuove edificazioni che attraverso il recupero di quelle già esistenti, da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati, in precedenza, quasi esclusivamente al finanziamento di opere pubbliche, oppure ricorrendo all’istituzione di fondi immobiliari per la residenza sociale.

Per questo, il Piano Casa, ben prima del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è stato unanimemente considerato come il primo, vero, strumento di social housing.

Gli obiettivi del Piano Casa

Gli obiettivi originari fissati nel decreto-legge 112/2008, che si rivolgeva prevalentemente a nuclei familiari o giovani coppie a basso reddito, ad anziani in condizioni economiche e/o sociale svantaggiate, ad immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella stessa regione, o a studenti fuori sede (questi ultimi, in precedenza destinatari di agevolazioni di carattere fiscale sui canoni di locazione), possono, dunque, essere così sinteticamente riassunti:

  • costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per la realizzazione di immobili di edilizia residenziale;
  • incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica;
  • promozione finanziaria anche ad iniziativa di privati (project financing);
  • agevolazioni a cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi;
  • programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale;
  • interventi di competenza degli ex IACP (cui sono state destinate le risorse individuate dal D.M. Infrastrutture 28 dicembre 2007)

Il cosiddetto Piano Casa 2

Successivamente, la materia è stata oggetto di un nuovo, significativo, intervento con il cosiddetto Piano Casa 2, in quanto il Governo, in sede di Conferenza unificata tra Stato, Regioni ed enti locali (Intesa del 31 marzo 2009, pubblicata in Gazzetta Ufficiale numero 98/2009), ha delegato alle Regioni il compito di realizzare, con propri interventi legislativi, due tipologie di interventi:

  • ampliamenti volumetrici sino ad un massimo del venti per cento (in aderenza o in sopraelevazione, rispetto al fabbricato originario), al fine di migliorare la qualità architettonica e/o energetica degli edifici;
  • Interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con un ampliamento massimo del trentacinque per cento, con l’obiettivo di migliorare la qualità architettonica e l’efficienza energetica dei fabbricati, favorendo l’impiego di fonti energetiche rinnovabili secondo criteri di effettiva sostenibilità ambientale.

Anche se in momenti differenti, tutte le regioni hanno adottato leggi regionali attuative del Piano casa 2, interpretando, però, in maniera sostanzialmente difforme l’intesa del 31 marzo 2009: alcune hanno ampliato i criteri definiti nell’intesa, mediante l’inclusione di ulteriori fattispecie di edifici, oltre a quelli residenziali, quali gli edifici agricoli o produttivi non utilizzati, o hanno incrementato i premi volumetrici.

Altre, invece, hanno previsto meccanismi perequativi e compensativi, compresa la delocalizzazione di cubature, ovvero la possibilità di demolire e poi ricostruire altrove andando oltre la volumetria esistente. In alcune leggi regionali, infine, sono stati introdotti anche incrementi premiali finalizzati all'incremento della dotazione di verde pubblico, di servizi, di spazi pubblici e al sostanziale miglioramento della qualità urbana.

Ovviamente, in alcuni casi, sono stati derogati i principi costituzionali che presiedono ai rapporti tra la potestà legislativa dello Stato e quella delle Regioni e questo ha determinato, in alcuni casi, l’intervento della Corte Costituzionale: emblematico il caso della regione Puglia, il cui Piano casa è stato dichiarato, in ben due occasioni, incostituzionale (Corte Costituzionale, sentenza 240/2022; Corte Costituzionale, sentenza 17/2023).

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