Per effetto della Riforma Cartabia, la notifica dello sfratto può avvenire anche via PEC: ecco quando è possibile procedere.
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Notifica di sfratto via PEC
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Può essere ritenuta valida la notifica di sfratto via PEC, quando l’atto non può essere consegnato in mani proprie all’inquilino moroso? È questo uno dei dubbi che, con sempre più frequenza negli ultimi tempi, coinvolge i proprietari di immobili impossibilitati a reperire gli affittuari non in regola con i pagamenti del canone o delle spese accessorie. 

Si tratta di una domanda tutt’altro che scontata poiché, nel corso degli anni, sono emersi diversi orientamenti da parte della giurisprudenza, parte dei quali poi risolti con la recente Riforma Cartabia e la conseguente introduzione della notificazione via PEC in sede civile. In ogni caso, per evitare di ritrovarsi a dover gestire un affittuario non in regola con i pagamenti, può essere utile consultare la Banca Dati della Morosità Immobiliare: uno strumento indispensabile per verificare se il potenziale affittuario sia stato in passato un inquilino moroso.

Come si notifica l’intimazione allo sfratto

Prima di entrare nel merito dell’utilizzo della PEC nei casi di morosità, è utile ricordare quale sia la procedura consueta per la notifica dell’intimazione allo sfratto. Si tratta di un passaggio fondamentale, infatti, affinché l’iter possa avere inizio.

Innanzitutto, prima di poter richiedere lo sfratto dell’inquilino moroso, è necessario tentare la strada del sollecito del pagamento dei canoni arretrati o delle spese mancate. Per farlo, normalmente si procede con l’inoltro di una lettera di diffida da parte del proprietario, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, in cui specificare i termini della scadenza, la somma da pagare e l’eventuale liberazione dell’immobile in caso di ulteriori ritardi.

Se la lettera di diffida non dovesse avere effetto, si può procedere con la prima fase della procedura di sfratto, cioè quella dell’intimazione: all’affittuario viene notificata la richiesta di sfratto per morosità e la citazione in giudizio per l’udienza di convalida. Di norma, salvo modifiche da recente riforma, gli articoli 137 e 660 del Codice di Procedura Civile prevedono che l’atto debba essere notificato in mani proprie all’inquilino da parte dell’ufficiale giudiziario. Se ciò non è possibile, si può procedere con una raccomandata con ricevuta di ritorno, in cui allegare l’atto originale di sfratto. Considerando come, di fatto, la PEC sia equiparata proprio alla raccomandata con ricevuta di ritorno, è possibile notificare lo sfratto sol tramite posta elettronica certificata?

Notifica di sfratto via PEC: quando procedere?

Come accennato in apertura, quella della notifica via sfratto della PEC non è una questione da sottovalutare, poiché negli anni si sono evidenziati diversi orientamenti da parte della giurisprudenza. Poiché la procedura di sfratto richiede una certa rigorosità, affinché venga ritenuta valida, è quindi indispensabile affidarsi al proprio legale di fiducia e attenersi ai suoi consigli.

Posta elettronica certificata, PEC
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Si è già visto che, come previsto dagli articoli 137 e 660 del Codice di Procedura Civile e nei casi in cui non è obbligatoria una notificazione informatica, l’intimazione di sfratto debba essere consegnata all’inquilino moroso in mani proprie e, se questo non fosse possibile, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno da parte dell’ufficiale giudiziario. Questa necessità è stata prevista per assicurare all’inquilino la piena conoscenza dell’atto di cui è destinatario e, soprattutto, garantire la sua effettiva comparizione all’udienza di convalida.

Per comprendere se la PEC possa rappresentare un’alternativa valida alla raccomandata con ricevuta di ritorno, è utile vagliare sia gli orientamenti passati della giurisprudenza che le più recenti novità introdotte con la Riforma Cartabia per il processo civile.

PEC e sfratto: gli orientamenti passati della giurisprudenza

La posta elettronica certificata è uno strumento che esiste ormai da diversi anni, dalla valenza del tutto analoga a una classica raccomandata cartacea. Non stupisce, di conseguenza, che nel corso del tempo questa modalità sia stata utilizzata anche per la notifica dell’intimazione allo sfratto.

Un primo orientamento a favore dell’utilizzo della PEC per la notifica dello sfratto è emerso nel 2018, quando il Tribunale di Roma, con l’ordinanza del 13 marzo, ha stabilito la possibilità di avvalersi della posta elettronica certificata per la notifica degli atti di natura civile. Questo perché la casella PEC non solo certifica l’inoltro della comunicazione, ma anche la sua effettiva ricezione da parte della parte interessata. Non sembra invece essere rilevante il fatto che il destinatario effettivamente legga la comunicazione poiché, analogamente, lo stesso potrebbe decidere di non aprire una missiva cartacea ricevuta per posta raccomandata.

Di tenore opposto è invece un parere espresso dal Tribunale di Siracusa che, con l’ordinanza del 10 febbraio 2020, ha ritenuto che un contradditorio non fosse stato correttamente instaurato, a seguito della mancata comparizione di un inquilino, notificato tramite PEC.

La PEC dopo la Riforma Cartabia

La Legge 134/2021, attuata con il Decreto Legislativo 150 del 2022 e nota come Riforma Cartabia, ha introdotto diverse novità nel processo civile. Fra queste, anche l’obbligo di notifica via PEC per quei soggetti tenuti per legge a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata. Nel nuovo scenario, l’ufficiale giudiziario interviene se non è possibile procedere con la PEC o se l’inoltro abbia avuto esito negativo per cause non imputabili al destinatario.

La specifica trova conferma con la modifica all’articolo 137 del Codice di Procedura Civile: “se l’atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede l’indirizzo di posta elettronica certificata, l’Ufficiale Giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia su supporto cartaceo”.

Posta elettronica e raccomandata
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Emerge quindi che, per effetto della riforma, se l’inquilino è dotato di posta elettronica certificata la notifica avverrà via PEC e, solo qualora ciò non fosse possibile, tramite l’ufficiale giudiziario e l’inoltro della copia cartacea. Come facile intuire, la condizione necessaria affinché la PEC possa essere utilizzata è il fatto che l’inquilino moroso sia effettivamente in possesso di una casella di posta certificata. Ma come orientarsi? In linea generale, è indispensabile che:

  • l’inquilino moroso rientri in una delle categorie per cui è previsto l’obbligo di apertura di una casella di posta certificata, come nei casi di professionisti iscritti ad albo, Partite IVA, ditte individuali, società di persone e via dicendo;
  • l’inquilino moroso che non rientra nelle categorie di legge abbia volontariamente aperto un indirizzo di posta PEC come domicilio digitale, presente negli appositi elenchi pubblici.

Quando si perfeziona la notifica di sfratto via PEC

Similmente a quanto accade per una notifica di sfratto non ritirata tramite posta raccomandata, la notificazione via PEC si ritiene perfezionata alla ricezione, ovvero alla comparsa della comunicazione all’interno della casella di posta del destinatario. D’altronde, questa è proprio la specificità di questa tipologia di caselle rispetto alla posta elettronica classica: la possibilità di cerficare non solo l’invio delle comunicazioni, ma anche la loro ricezione.

Come inoltre specificato nei precedenti paragrafi, l’orientamento della giurisprudenza sembra essere quello di considerare la notifica perfezionata anche quando il destinatario non ha aperto la comunicazione digitale: è il caso sostanzialmente analogo dell’inquilino moroso che, ricevuta la raccomandata, decide di non aprire la busta.

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