
È possibile abitare in una casa a uso ufficio? È la domanda che molti si pongono quando in procinto di acquistare o affittare un immobile appartenente alla categoria catastale A/10. In linea generale, non è possibile prendere residenza in un immobile accatastato come ufficio: serve il cambio di destinazione d’uso, se ammesso dalle normative locali e accettato dalle autorità locali.
Che cosa vuol dire appartamento a uso ufficio
Innanzitutto, è necessario comprendere cosa si intenda con appartamento a uso ufficio. Sebbene di frequente le unità immobiliari a uso ufficio siano inserite in contesti residenziali, come ad esempio all’interno di condomini, questo non significa siano immediatamente abitabili.
Per appartamento impiegato come ufficio, si intende infatti un immobile dalla destinazione d’uso specificatamente riferita ad attività professionali o amministrative. Proprio per questa ragione, sarà registrato al catasto:
- come categoria A/10;
- distinto da immobili a uso abitativo, come ad esempio le categorie catastali da A/1 ad A/9.

Proprio poiché appartenenti a categorie catastali differenti, gli immobili adibiti a ufficio devono sottostare a richieste di legge altrettanto diverse, come ad esempio il rispetto di precise normative sulla sicurezza degli ambienti - si pensi, ad esempio, alle uscite di sicurezza - oppure a determinate qualità strutturali e costruttive, quali l’assenza di una cucina o l’obbligatorio isolamento antincendio. Non a caso, questi appartamenti sono pensati per la gestione di attività professionali e non, invece, a scopi abitativi privati.
Si può abitare in una casa a uso ufficio?
In linea generale, non è possibile abitare in un appartamento con destinazione d’uso ufficio in modo continuativo. Sebbene non vi siano particolari restrizioni nel soggiornare una o più notti negli uffici di cui si è titolari, la presenza di una categoria catastale non idonea all’uso abitativo impone solitamente l’impossibilità:
- di trasferirvi la residenza;
- di definirlo come dimora abituale.
Il Decreto Ministeriale del 5 luglio 1975 definisce quali siano i requisiti affinché un immobile possa essere considerato idoneo come abitazione, riportando superfici e altezze minime, nonché specifici requisiti igienico-sanitari. In linea teorica, alcuni Comuni potrebbero anche valutare di concedere una residenza su un immobile a uso ufficio, purché:
- sia sul suolo urbano;
- sia dotato di tutti gli allacci delle utenze di base;
- preveda un bagno con doccia oppure vasca;
- non vi siano opposizioni da parte della comunità di residenti.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le amministrazioni comunali richiedono un preventivo cambio di destinazione d’uso, prima di acconsentire al trasferimento della residenza su questa tipologia di immobili.
Che cosa comporta comprare un appartamento per uso ufficio?
Fatte queste premesse, cosa comporta comprare un appartamento per uso ufficio? L’acquisto di questa tipologia di immobile - come visto, registrata al catasto come A/10 - richiede un’analisi accurata di alcuni fattori. In particolare:
- la possibilità di imbattersi in costi più elevati per l’acquisto dello stesso immobile, come spesso avviene proprio per gli uffici o altri locali a uso professionale o commerciale;
- costi di gestione e imposte più alti rispetto all’uso residenziale. Ad esempio, sugli uffici l’IMU è sempre dovuta - non si può infatti approfittare dell’esenzione sulla prima casa - e la quota di TARI annuale da corrispondere è più elevata. Alcune detrazioni previste dal TUIR, come quelle per la riqualificazione energetica o le ristrutturazioni, possono però essere comunque valide anche sugli immobili A/10, in presenza dei corretti requisiti;
- l’impossibilità di fruire di bonus, detrazioni IRPEF o deduzioni fiscali sempre inerenti all’abitazione principale.
In virtù di queste ragioni, conviene acquistare un appartamento a uso ufficio? La valutazione deve essere molto oculata, di norma è vantaggioso procedere quando:
- l’immobile è offerto a un prezzo decisamente basso, sotto alle medie di mercato;
- è già dotato di tutti i servizi, come già elencato, che possono renderlo idoneo a uso abitativo;
- gli eventuali costi per il cambio di destinazione d’uso, in aggiunta al prezzo dell’immobile, devono rimanere economicamente migliori rispetto ad alternative simili già a uso residenziale.
Cosa succede se si affitta a uso abitativo un immobile a uso ufficio?
Ma cosa accade se, anziché acquistare un immobile a uso ufficio, si decide di affittarlo per sfruttarlo come abitativo?
Di norma, non è possibile affittare un ufficio per sfruttarlo come abitazione, a meno che non si proceda al cambio di destinazione d’uso. Questo anche quando le parti, ovvero il locatore e il locatario, sono d’accordo. Infatti:
- i contratti su uffici affittati a finalità residenziali potrebbero non essere validi;
- simili contratti, proprio poiché potenzialmente non validi, potrebbero non essere opponibili a terzi.

Ad esempio, il proprietario potrebbe trovarsi nella condizioni di:
- aver commesso una violazione edilizia, così come previsto dal D.P.R. 380/2001, ed essere quindi costretto al ripristino della destinazione originaria dell’immobile. In presenza di gravi violazioni delle norme edilizie, vi potrebbero essere delle conseguenze penali;
- essere soggetto a sanzioni amministrative per aver permesso a terzi di abitare in ufficio, variabili da poche centinaia di euro a diverse migliaia, a seconda della gravità e sempre come definito dal Testo Unico dell’Edilizia. A queste, possono aggiungersi sanzioni locali;
- essere soggetto ad accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, per omessa dichiarazione o dichiarazioni mendaci sulla locazione, ai sensi del D.Lgs. 472/1997;
- essere in possesso di un contratto non efficace, quindi non valido per le tutele legali in caso di controversie, come previsto dagli articoli 1346 e 1418 del Codice Civile;
- ricevere una richiesta di risarcimento danni dal locatario.
Per contro, l’affittuario che dovesse procedere in autonomia a sfruttare un ufficio come abitazione, senza comunicarlo al locatore, si espone a sua volta a rischi:
- il proprietario potrebbe decidere di avvalersi della procedura di sfratto nei confronti del locatore;
- il locatario potrebbe avanzare eventuali richieste di risarcimento.
È utile anche sapere che non si potrà approfittare della deducibilità dell’affitto per l’appartamento a uso ufficio, poiché è prevista per professionisti in partita IVA che effettivamente approfittano dell’immobile a scopo lavorativo.
Come passare da uso ufficio ad abitazione?
Come appare evidente, la soluzione più semplice e sicura per approfittare di un ufficio come abitazione è provvedere al cambio della sua destinazione d’uso. In questo modo, non si avranno problemi di sorta a stabilirvi la residenza, né si corre il rischio di imbattersi in gravose sanzioni, accertamenti fiscali e altre conseguenze di legge.
Ma come si procede materialmente al cambio di destinazione d’uso? Il primo passaggio è quello di verificare che il Comune effettivamente permetta la variazione. Infatti, questa modifica potrebbe essere inibita se:
- vi sono limiti da piano regolatore, ad esempio in presenza di precisi vincoli urbanistici, come previsto sempre dal D.P.R. 380/2001;
- vi sono vincoli paesaggistici o storici;
- se il regolamento condominiale lo impedisce o, ancora, se sono necessarie modifiche alle parti comuni dell’edificio. In questo caso, l’assemblea dovrà approvarne il cambio di destinazione d’uso.
Dopodiché, si dovrà verificare che l’immobile abbia i requisiti tecnici per poter effettuare il cambio - quelli, appunto, elencati nei precedenti paragrafi - e ci si dovrà quindi recare in Comune per richiedere le relative autorizzazioni. Fino a poco tempo fa, il Testo Unico dell’Edilizia imponeva l’ottenimento di un titolo, come la SCIA, la CILA o il Permesso a Costruire. Il cambio di destinazione d’uso con il Decreto Salva Casa è stato però semplificato: se non sono presenti interventi strutturali significativi o il cambio è senza opere, nella maggior parte dei casi sarà sufficiente la SCIA.
Una volta ottenuta l’approvazione dal Comune, si dovrà procedere:
- se necessario, all’ottenimento di un nuovo Certificato di Agibilità;
- alla necessaria variazione catastale presso il Catasto o, ancora, tramite procedura DOCFA sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
È utile sapere che il catasto potrebbe anche respingere la richiesta di variazione, ad esempio quando l’immobile non presenta i requisiti minimi previsti per legge. Per questo, è importante farsi affiancare da professionisti esperti, nonché da un legale.
per commentare devi effettuare il login con il tuo account