A Piazza Affari il primo dato post referendum è stato un -1,97% in avvio di seduta. Poi il rosso è andato riducendosi, per azzerarsi, assistendo a una virata in positivo. Lo spread Btp-Bund, sceso negli ultimi giorni che hanno preceduto la consultazione, è salito fino a 178 punti, prima di ritracciare sotto i 170. Anche la caduta dell’euro (giunto a un minimo sul dollaro di 1,0552 prima di risalire sopra 1,06) Insomma, quello di lunedì mattina non è stato uno scenario apocalittico. Ma a soffrire di più potrebbero essere le banche.
Con la curiosa eccezione del Monte dei Paschi di Siena, istituto per il quale la larga vittoria del no al referendum e la conseguente crisi di governo potrebbe mettere a rischio il necessario aumento di capitale ma è in territorio positivo nelle prime ore di contrattazione, è il settore bancario a continuare a soffrire.
Le banche che hanno firmato il preaccordo per l’operazione da 5 miliardi di Mps si riuniranno verso mezzogiorno con i vertici della banca per valutare la situazione. Ma, come ricordava pochi giorni fa il Financial Times, a rischio ci sono anche altri sette istituti. “La vita in Italia va avanti anche dopo il Referendum, politicamente ed economicamente” commentano in un report gli analisti di Banca Imi. E per quelli di Vontobel asset management “il risultato e la conseguente instabilità politica ostacolerà la ricapitalizzazione delle banche italiane, perché mette in dubbio la capacità dell’Italia di riformare se stessa e aumentare la crescita tendenziale, prerequisito essenziale per la sostenibilità del debito sovrano”.
Dopo la piccola scossa immediata, bisognerà vedere quali saranno gli sviluppi politici, dopo le dimissioni che Matteo Renzi presenterà nel pomeriggio nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: "lo scenario più probabile a nostro avviso – dice Fabio Balboni, economista di Hsbc - sarà un tentativo del presidente della Repubblica di formare un governo tecnocratico ad interim con lo scopo di approvare una legge elettorale per il Senato. Assunto che le legge elettorale venga approvata velocemente dal parlamento, cosa che potrebbe non essere facile vista l’elevata frammentazione, le elezioni potrebbero tenersi a metà dell’anno prossimo, quindi meno di un anno prima del dovuto”.
Secondo Loris Centola, global head of private banking research di Credit Suisse, “lo scenario che al momento sembra più probabile è un governo di larghe intese a tempo, con il doppio mandato di riformare la legge elettorale e approvare la legge di bilancio”.
È convinto che “nel breve tempo assisteremo a un ampiamento dello spread italiano di 20-50 punti base, ben oltre quota 200 punti, e ovviamente vendite sull’azionario, anche se qui i prezzi già scontavano una vittoria del ’no’ e quindi non mi aspetto un tracollo. Per quanto riguarda i Btp, invece, tale esito non era incorporato. La Bce potrebbe tamponare la fase più acuta, acquistando più titoli di Stato italiani di quanto già faccia. Poi sarà fondamentale il messaggio che darà dopo il meeting di giovedì: a questo punto potrebbe estendere il quantitative easing fino a settembre dell’anno prossimo”.
Anche per osservatori internazionali “il rischio per l’Italia non è tanto nell’aver mancato l’opportunità di una riforma costituzionale a lungo termine” ma “la potenziale instabilità politica ed elezioni anticipate” soprattutto nel caso che “si dovesse arrivare a un governo del Movimento cinque stelle sulla permanenza nell’eurozona. A prescindere dalla fattibilità, questo porterebbe ad aumentare il premio di rischio sul Paese, da parte dei mercati” ha affermato in una nota Ric Spooner, capo analista di Cmc Markets.
C’è un “rischio fragilità per il Paese. Con una vittoria del sì ci saremmo mostrati più autorevoli all’estero. Ma ripartiremo, abbiamo le risorse per farlo” sostiene il costituzionalista Marco Plutino. D’accordo col commissario europeo agli Affari economici, Pierre Moscovici, per il quale “l’Italia è un Paese con istituzioni solide, sono fiducioso che farà fronte alla situazione”. Per il momento, almeno, non è previsto nessun effetto sul rating dell’Italia, secondo quanto ha affermato Standard & Poor’s.
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