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Si avvicina l’entrata in vigore del Decreto dignità. E tra i punti salienti c’è anche l’abolizione del redditometro, un provvedimento di grande incidenza in tema fiscale, perché potrebbe arrivare lo stop immediato ai controlli sugli anni d’imposta 2016 e seguenti.

Il redditometro era stato introdotto per aiutare la lotta all’evasione fiscale, metteva a confronto, in maniera sistematica e scientifica, le entrate dei singoli contribuenti e le uscite, per evidenziare quali scostamenti potessero esserci tra quanto dichiarato al fisco e quanto poi effettivamente speso.

In una delle ultime versioni, è stato stabilito che quando le spese avessero superato del 20% quanto dichiarato in un anno, sarebbero scattati i controlli del fisco, per appurare la provenienza delle risorse straordinarie utilizzate per i propri consumi.

Ma il redditometro ha sempre sollevato polemiche, soprattutto per il modo con cui vengono rilevate le entrate e, contemporaneamente, calcolate le uscite. Tanto che l’abolizione del redditometro è stato uno delle tematiche maggiormente battute da Di Maio in sede di campagna elettorale.

Al suo posto, con il Decreto dignità, dovrebbe entrare in funzione un nuovo modello di calcolo della capacità contributiva dei cittadini. Dovrebbe essere proprio il ministero dell’Economia, dopo aver interpellato Istat e associazioni di categoria, a dover riscrivere i parametri degli accertamenti sintetici, definiti in base alle capacità di spesa e alla propensione al risparmio dei singoli contribuenti.

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