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La circolare Inail pubblicata a novembre e gli ultimi adempimenti del Ministero del Lavoro hanno concluso la normativa sul lavoro agile in Italia. A pochi mesi dall’entrata in vigore della legge, i cosiddetti “smart workers” italiani sono aumentati del 60% rispetto all’anno scorso, arrivando a 305.000. Sono soprattutto uomini (68%), con un’età media di 40 anni, concentrati nelle grandi imprese del Nord Italia. I numeri sono stati resi noti nel corso del convegno “Smart working ed evoluzioni normative”, che si è tenuto al Senato con la partecipazione del ministro del Lavoro Giuliano Poletti.

Secondo quanto emerso, al momento in Italia il lavoro agile coinvolge una modesta percentuale di lavoratori, poco più del 5% con una distribuzione differenziata a seconda degli ambiti (il 36% nelle grandi imprese, il 7% nelle Pmi, il 5% nella Pubblica Amministrazione).

Si tratta di numeri lontani dalla media Ue del 17%, ma che possono crescere. In particolare, secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel nostro Paese i lavoratori coinvolti potrebbero arrivare al 70%, con un aumento di produttività del 15%.

Come sottolineato nel corso del convegno, il lavoro agile rappresenta una modalità di svolgimento del lavoro subordinato, non è una nuova forma contrattuale, e la cornice di norme e di garanzie rimane quella del lavoro subordinato.

Microsoft è una delle aziende pioniere, che ha introdotto il lavoro agile oltre 10 anni fa. In Microsoft fin dai primi giorni a tutti i lavoratori vengono consegnati gli strumenti per lavorare da remoto (smartphone e laptop), nessuno ha l’obbligo di presenza in ufficio, i dipendenti vengono responsabilizzati rispetto ai risultati e premiati in base al contributo individuale portato al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

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